Incarcerato, condannato a due anni di reclusione, il suo partito Pastef disciolto d’imperio, Ousmane Sonko è stato anche cancellato dalle liste elettorali: non ha più né il diritto di voto né il diritto di essere votato, rischia di non potersi candidare alle elezioni politiche previste in Senegal tra meno di sei mesi, a febbraio 2024.

Il suo legale Abdoulaye Tall ha reagito alla cancellazione definendola l’ennesima prova di forza del presidente Macky Sall, «pura molestia e persecuzione, inaccettabile in uno Stato di diritto», e ha annunciato che farà ricorso. «Come si può escludere qualcuno dalle liste elettorali quando il procedimento è ancora in corso nei tribunali?», ha chiosato Tall.

SECONDO UNA LETTERA di notifica del sottoprefetto di Ngor-Almadie al commissario di Dieuppeul-Derklé, il sindaco di Ziguinchor e principale oppositore del presidente senegalese, arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2019, forte di un grande seguito tra i giovani, ha perso il diritto di voto in seguito alla condanna in contumacia a due anni di reclusione per corruzione di minore nel processo Sweet Beauté contro l’ex massaggiatrice Adju Baby Sarr.

Su Ousmane Sonko pende un’ordinanza di custodia cautelare ed è in stato di arresto per istigazione all’insurrezione, associazione a delinquere, minaccia alla sicurezza dello Stato, complotto contro l’autorità dello Stato, atti e manovre che compromettono la sicurezza pubblica e creano gravi disordini politici, associazione a delinquere connessa a un’impresa terroristica e anche furto di un telefono cellulare. Sonko è in sciopero della fame per protesta dal giorno dell’arresto, il 31 luglio scorso.

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Ricoverato da giorni all’ospedale di Dakar, ieri Sonko sarebbe stato portato in terapia intensiva. Lo ha comunicato il responsabile della comunicazione di Pastef, El Malick Ndiaye in un tweet affermando che «il presidente Macky Sall, il suo ministro della Giustizia, il suo ministro degli Interni e tutti coloro che sono coinvolti in questa persecuzione disumana che ha finito per mettere in pericolo la vita del leader dell’opposizione, saranno direttamente responsabili di tutto quello che succederà».

El Malick Ndiaye ha poi esortato «gli attivisti, i sostenitori e tutto il popolo senegalese ad alzarsi in piedi e a chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Ousmane Sonko e di tutti i detenuti politici».

In una conferenza stampa il 7 agosto scorso il ministro della giustizia Ismaila Madior Fall aveva bollato come fake news le notizie relative allo sciopero della fame di Sonko e alle sue condizioni di salute che già allora il partito denunciava come precarie.

Secondo il ministro, Sonko non era in sciopero della fame totale, ma parziale, aveva scelto di non alimentarsi ma di continuare a bere e addirittura il sabato precedente avrebbe fatto colazione interrompendo lo sciopero della fame. Con sarcasmo aveva affermato: «Non vogliamo che muoia. Non è questo lo scopo del gioco. Lo scopo del gioco è tenerli in vita in modo che possano scontare la loro pena».

Diverse le reazioni di protesta alla carcerazione e alla radiazione dalle liste elettorali. Tra gli altri quella del giornalista Pape Alé Niang. Anche lui incarcerato il 29 luglio con l’accusa di aver istigato all’insurrezione attraverso il suo canale You Tube compromettendo la sicurezza pubblica, è stato rilasciato l’8 agosto, dopo alcuni giorni di sciopero della fame.

In Niger, Burkina Faso, Mali e Guinea, dove i militari hanno preso il potere, nessun partito è stato sciolto e i suoi leader si riuniscono liberamente nei loro uffici, ha detto Niang, mentre in Senegal, considerata la culla della democrazia, ogni parola di dissenso è messa a tacere.

COME LUI, altri giornalisti hanno subito arresti e censure in Senegal. Tra gli altri, Maty Sarr Niang che si occupa di politica locale per il sito web Kéwoulo. Arrestata il 16 maggio, è ancora detenuta, nonostante uno sciopero della fame dal 30 luglio al 3 agosto.

Mary Teuw Nian, ministro dell’Istruzione superiore, della ricerca e dell’innovazione dal 2012 al 2019, ex rettore dell’Université Gaston-Berger di Saint-Louis, ha inviato un messaggio al presidente Macky Sall chiedendo la liberazione di Sonko e degli altri attivisti incarcerati: «La prego di liberare il presidente Ousmane Sonko e le donne, gli uomini e i giovani del Pastef affinché il nostro Paese possa tornare a godere di piena democrazia, serenità e tranquillità».

L’ultima reazione di dissenso, la più pesante per la carica politica che ricopre, è quella di Jean Paul Dias, inviato speciale del presidente senegalese, leader del Bloc des centristes Gaïndé (Bcg) che fa parte della coalizione presidenziale «Macky 2012». La sua posizione è molto diversa da quella dei suoi compagni del campo presidenziale. Per Dias la detenzione di Sonko «è eccessiva», ha detto intervenendo in diretta a Radio Futurs Medias.

Come eccessivo è lo scioglimento di Pastef: «Avremmo potuto passare attraverso alcune fasi, invece di arrivare direttamente allo scioglimento – ha affermato Dias chiedendo anche la liberazione dei molti giovani imprigionati in relazione alle manifestazioni di protesta – Molti di loro non sanno nemmeno cosa gli sia successo, stavano passando da una stazione di servizio e sono stati arrestati».

«NEGLI ULTIMI 10 anni nell’Africa occidentale c’è stato un grande avanzamento sul piano della legislazione in materia di tutela delle libertà di opinione, espressione, manifestazione e riunione pacifica, in Senegal come in Costa d’Avorio, in Guinea come in Mali – ha detto Hassatou Ba-Minté, direttrice per l’Africa della Federazione internazionale per i diritti umani – Ma dal 2016-2017 quando per qualcuno si è arrivati al secondo mandato si è posto il problema di come limitare l’avanzata dell’opposizione e si è assistito a un ritorno delle pratiche del passato. È quello che è successo in Mali, Guinea, Burkina Faso. Sta succedendo in Senegal dove Macky Sall ha ristretto gli spazi dell’opposizione politica, delle manifestazioni di protesta della popolazione, soprattutto dei giovani, che denunciano la corruzione, la cattiva gestione».

Quello che si pone oggi nell’Africa occidentale è «il problema della stabilità di fronte al conflitto sociale, una situazione che degrada con la violenza che arriva a dei livelli senza precedenti».