Le trattative per il nuovo governo olandese possono durare a lungo, niente è scontato, eppure per la Ue ci sono già molte brutte notizie. Intanto, l’Olanda si aggiunge alla già lunga lista dei paesi dove l’estrema destra domina o influisce grandemente sulla politica: alla guida del governo in Italia, Ungheria e Slovacchia, nella coalizione al potere in Finlandia, Grecia e Lettonia, con un ruolo determinante in Svezia, vince nella battaglia delle idee in Danimarca, al centro del dibattito politico in Austria, Belgio e anche in Francia, mentre in Germania si registra una crescita costante dell’Afd e le schiarite di Polonia e Spagna non nascondono che anche in questi due paesi gli estremisti restano potenti.

MANCANO SETTE MESI alle elezioni europee di giugno: l’estrema destra, benché divisa tra due gruppi (da una parte Identità e democrazia dall’altra i Conservatori e riformisti guidati da Giorgia Meloni) secondo le previsioni potrebbe ottenere fino a 180 seggi, cioè il 25% del futuro Europarlamento. La Ue «si imbrunisce», riassume il politologo Ivan Krastev. Matteo Salvini e Marine Le Pen, i cui partiti sono nel gruppo Id, si sono precipitati a congratularsi con il loro alleato Wilders, così come il leader dell’estrema destra fiamminga belga del Vlaams Belang, Tom Van Grieken, che ha affermato «partiti come il suo stanno avanzando». Per Viktor Orbán, ci sono «venti di cambiamento» in atto. Sempre più elettori «contestano il funzionamento della Ue», ha commentato Le Pen. Pur divisi, soprattutto sull’Ucraina, i due gruppi di estrema destra condividono il populismo, lo scetticismo verso il cambiamento climatico, il nazionalismo, il rigetto degli immigrati (e dell’islam). L’Olanda sarà un nuovo test sulla possibile alleanza tra destra di governo (Ppe) ed estrema destra, un altro segno della fine del “cordone sanitario”.

SULL’UCRAINA, un eventuale arrivo di Wilders al Consiglio europeo rafforzerebbe il fronte di coloro che intendono sganciarsi dagli aiuti a Kyiv. Nel 2016 c’è stato un referendum consultivo in Olanda, che ha bocciato a più del 60% il Trattato di associazione della Ue con l’Ucraina, che poi è passato grazie a un testo “interpretativo” del primo ministro Mark Rutte. Già Ungheria e Slovacchia contestano nuovi aiuti e intendono bloccare sia i 20 miliardi della Peace Facility che i 50 miliardi del pacchetto di sostegno pluriannuale, su cui discuteranno i 27 al Consiglio europeo del 14-15 dicembre.

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Nella campagna elettorale olandese non si è parlato molto di Europa. Ma la Ue, che Wilders ha paragonato al regime nazista (Orbán la compara all’Urss), ha fatto da sfondo negativo, nella rincorsa di partiti euroscettici. Il Pvv, in una coalizione, potrebbe rinunciare alla richiesta di un referendum sull’uscita dell’Olanda dalla Ue, anche se Wilders ha evocato un Nexit, che sarebbe un avvenimento esplosivo: i Paesi Bassi sono uno dei paesi fondatori e sono nell’euro (l’Olanda, come la Francia, aveva votato “no” a più del 60% al referendum sul Trattato costituzionale nel 2005, poi modificato con il Trattato di Lisbona nel 2007).

NEL PROGRAMMA di Wilders c’è la richiesta di imporre un permesso di lavoro obbligatorio anche per i cittadini Ue, ricacciati nella condizione di immigrati. Inoltre, nel paese che contribuisce di più per abitante al bilancio europeo, il Pvv non è isolato nel chiedere una diminuzione del budget Ue, un rifiuto di partecipare a “prestiti” comuni (come il NextGenerationEu), una ri-nazionalizzazione di molte politiche: un possibile alleato, anche se al momento non convinto, il Ncs del dissidente cristiano-democratico Pieter Omtzigt, aveva nel programma la richiesta di opt-out sul budget Ue, Wilders pretende di spostare «miliardi e competenze da Bruxelles a Amsterdam».

Un altro possibile alleato, il partito agricolo Bbb (che era in testa dopo le elezioni locali della primavera scorsa) vuole l’opt-out per immigrazione e ambiente: la battaglia contro la “legge azoto” di Rutte aveva portato una valanga di voti a Bbb, anche se alle legislative di mercoledì la volatilità dell’elettorato ha abbandonato il partito agrario. Per Wilders, la politica climatica della Ue è di una «stupidità impagabile»: il bersaglio è Frans Timmermans, che ha difeso il Green Deal europeo e che ora sostiene che «è arrivato il momento di difendere la democrazia».