Nel suo pezzo di commento ai risultati della 95esima edizione degli Academy Awards, il giornalista del «New York Times» Brooks Barnes scrive che un giorno gli storici del cinema guarderanno indietro a questo momento come alla nascita di un’altra Nuova Hollywood. Purtroppo, il paragone con la new wave di giovani autori che, alla fine degli anni Sessanta, invase lo studio system hollywoodiano di nuove idee, stili e immaginari, non potrebbe essere più sbagliato. Anche se – mentre giganti di quella new wave come Spielberg e Cameron, che oggi hanno i capelli bianchi, sedevano in panchina, e le Majors non hanno portato a casa niente – i grandi vincitori della serata sono stati una coppia di registi trentacinquenni, una casa di produzione newyorkese molto spregiudicata nel marketing e una piattaforma streaming.

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Le vite nel multiverso seguendo il pensiero unico della famigliaBlindata – come ha ricordato più volte il presentatore super professionista Jimmy Kimmel – contro ogni possibile imprevisto, dallo schiaffo in giù, la cerimonia dell’Oscar 2023 ha cristallizzato in mondovisione l’immagine di un’industria così confusa e preoccupata di sé stessa da dimenticarsi del cinema.

Brendan Fraser, miglior attore (foto AP)

SULLE ALI di una promozione a martello che impastava le più banali suggestioni modaiole del metaverso, ai valori di famiglia, alla riscossa degli attori asiatici storicamente snobbati dall’Academy (in un cocktail tipo quelli affinati secoli fa da Harvey Weinstein), Everything Everywhere All at Once ha dominato la serata con sette Oscar, di cui tre per la miglior interpretazione (Michelle Yeoh, Ke Huy Quan e – dalla Nuova Hollywood- Jamie Lee Curtis). Il secondo lavoro del duo di Swiss Army Man, Daniel Kwan e Daniel Scheinert, e un film che – dato l’andamento Tik Tok- i più confessano di aver visto «a singhiozzo» (quando sono arrivati alla fine) ha vinto le due categorie più importanti, di miglior film e miglior regia. Si tratta di un trionfo indiscusso per la A24, lo studio/boutique di New York, nella cui scuderia stanno autori di punta come Kelly Reichardt, Sofia Coppola, i fratelli Safdie, Ari Aster, Ti West, Sean Baker, e che, grazie all’Oscar di miglior attore a Brendan Fraser per The Whale, ha totalizzato l’en plein di statuette per la recitazione.

Ke Huy Quan
Il mio viaggio è iniziato su una barca, ho trascorso un anno in un campo profughi. E in qualche modo sono qui, sul palco più grande di HollywoodDopo essersi fatta strada all’ Academy Award finanziando i costosissimi progetti/sogno di registi visionari come Alfonso Cuaron, Martin Scorsese, David Fincher e Guillermo Del Toro (era previsto: il suo struggente Pinocchio ha vinto come miglior film d’animazione), Netflix quest’anno ha tratto i suoi risultati maggiori (4 statuette, tra cui miglior film straniero e miglior colonna sonora, invece di quella magnifica di Babylon) non dall’ipnotico, ambizioso Bardo di Alejandro Inarritu, ma da All Quiet on the Western Front (Niente di nuovo sul fronte occidentale), un polpettone bellico tedesco modellato sul prodotto di qualità di una tv di stato europea, che nessuno ha visto – o aveva bisogno di vedere – al cinema. Europei, pare, in gran parte anche coloro che hanno votato per il film di Edward Berger, forse influenzati dai venti della guerra in Ucraina. Gli stessi venti hanno senza dubbio determinato la vittoria, nella categoria del documentario di Navalny, con la regia di Daniel Roher – a scapito di film molto migliori come The Beauty and the Bloodshed (Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras, Leone d’oro alla scorsa Mostra di Venezia) o Fire of Love di Sara Dosa.

Michelle Yeoh, miglior attrice (foto Ap)

Scossa dal terremoto del MeToo, negli ultimi anni, l’ Academy si è data freneticamente da fare per svecchiare e diversificare i suoi ranghi. Il fatto è che tra le donne, gli esponenti delle minorities e gli stranieri che si sono aggiunti alla membership, pare emergere una propensione ideologica al voto, nella cui prospettiva il film stesso è secondario. Il che sostituisce un pregiudizio a un altro. E non elimina il problema dello scollamento tra l’Academy e il grande pubblico, che pesa sul destino dell’organizzazione e degli Oscar.

ALLA FINE, infatti, l’inclusione tra i nominati per il miglior film di successi popolari come Avatar – La via dell’acqua e Top Gun Maverick, è stata solo una cosa di facciata, per attirare più spettatori alla serata televisiva. In attesa dei ratings (il 2022 aveva totalizzato gli indici d’ascolto più bassi della storia degli Oscar) va notato che – come gli stessi premi – anche la cerimonia, nel suo susseguirsi di presentatori e ringraziamenti ci è sembrata reazionaria e prevedibile, quando non addirittura stranamente cheap – per esempio con l’introduzione del trailer di The Little Mermaid (il film di Rob Marshall, di prossima uscita) o degli spot promozionali per l’Academy Museum.