Tutti gli 89 naufraghi salvati dalla Rise Above lo scorso 3 novembre in tre distinte operazioni sono sbarcati ieri mattina a Reggio Calabria. Le operazioni sono state rapide e non hanno previsto alcuna selezione delle vulnerabilità, come avvenuto a Catania per le Geo Barents e Humanity 1. Perché questa differenza?

La compagine di governo ha provato a giustificarla durante tutta la giornata di ieri. Se si mettono in fila le dichiarazioni rilasciate e le informazioni fatte trapelare a bocca stretta, però, più che una spiegazione chiara viene fuori un goffo tentativo di arrampicarsi sugli specchi. Sono almeno tre le tesi, contrastanti, fornite alla stampa.

LA PRIMA è stata sostenuta dal sottosegretario agli Interni Emanuele Prisco (Fratelli d’Italia) ai microfoni Rai della trasmissione «Radio anch’io». L’esponente politico ha confermato, come ricostruito dal conduttore Giorgio Zanchini sulla base di un articolo apparso ieri sulla Stampa, che la Rise Above avrebbe agito in maniera diversa dalle altre Ong rapportandosi fin da subito con il centro di coordinamento dei soccorsi italiano.

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La seconda argomentazione, rimbalzata su diversi organi di stampa senza un riferimento chiaro alla fonte, ha sostenuto invece che le ragioni dello sbarco non selettivo starebbero nella zona dei soccorsi: l’area Sar (search and rescue) di responsabilità italiana. La terza versione è quella fornita al manifesto da una fonte governativa, che non vuole essere citata, secondo cui la stessa Rise Above sarebbe stata considerata un evento Sar in ragione della sua stazza ridotta rispetto alle due navi (misura solo 27 metri e aveva 89 naufraghi). Nessuna di queste spiegazioni ha trovato conferme.

ANDIAMO CON ORDINE. In merito al primo punto Hermine Poschmann, capomissione della Rising Above, ha spiegato al manifesto che le comunicazioni alle autorità sono state uguali a quelle delle altre Ong: informazione continua sulle operazioni di soccorso senza nessuna risposta. Secondo argomento: le coordinate dei tre salvataggi mostrano che si sono svolti tutti in Sar maltese (tracciati di Sergio Scandura, Radio Radicale, sulla base dei dati dell’imbarcazione).

Il tracciato di Sergio Scandura, @scandura

 

Terzo: l’Ong ha smentito in un comunicato di aver lanciato un MayDay per la sua situazione a bordo, nonostante fosse estremamente difficile, e ha poi negato che le sia stato assegnato un Place Of Safety (luogo sicuro di sbarco), come prevede la procedura Sar. L’indicazione del porto è stata data telefonicamente e solo su richiesta del comandante è poi arrivata via mail, senza la definizione di Pos. Il manifesto ha contattato la guardia costiera italiana per chiedere il numero associato al caso, obbligatorio in questo tipo di eventi. Il corpo, che dipende dal ministero delle Infrastrutture, non ha risposto.

NEL POMERIGGIO l’equipaggio della Rise Above ha fatto sapere che uno dei tre barconi soccorsi è stato individuato attraverso la posizione fornita da un Navtex, cioè un messaggio che può essere diffuso soltanto da un centro di coordinamento per il soccorso. Non siamo riusciti a ricostruire se sia partito dall’Italia o da Malta. In ogni caso cambia poco: non c’è stato alcun coordinamento.

Anche perché se una delle tre tesi fosse vera il governo dovrebbero spiegare le ragioni per cui ha tardato quattro giorni a indicare il porto, lasciando 95 persone, tra cui donne e bambini, strette in uno scafo di 27 metri. Nell’attesa ben sei di loro sono state evacuate d’urgenza per ragioni mediche.

IL COMPORTAMENTO del Viminale è stato interpretato dalla Stampa come un tentativo di divide et impera: distinguere le Ong tra buone e cattive per continuare a ripetere «ci stiamo comportando con umanità ma con fermezza» (come fatto lunedì da Piantedosi). La spiegazione però sembra un’altra. Stavolta sarebbe stato più difficile bloccare i «non vulnerabili» sulla nave in porto: troppo piccola. Così il governo ha cercato delle giustificazioni. Confusionarie, a testimonianza delle difficoltà che hanno l’esecutivo e soprattutto i ministeri coinvolti nell’affaire Ong.

Con il tentativo di contrastare quanto disposto dalle convenzioni internazionali sul diritto del mare attraverso provvedimenti amministrativi, scritti male e ritenuti illegittimi da importanti costituzionalisti, il governo si è messo in un vicolo cieco. E ora ha bisogno di una via d’uscita per salvare la faccia.

COSA CHE GLI È RIUSCITA soltanto con la Ocean Viking, che non è entrata in acque italiane e si è diretta verso il porto di Marsiglia.

Twitter: @GiansandroMerli