L’11 aprile scorso è stato dato il via libera dalla regione Toscana per il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale per il termovalorizzatore di Livorno. Situato a circa 2 chilometri dal porto e dalla raffineria Eni di Stagno, l’inceneritore presente da alcuni decenni è al momento spento per un guasto e, in caso di riaccensione, dovrebbe terminare la sua vita a fine 2027.

La vicina raffineria invece dovrebbe convertirsi nella terza bioraffineria italiana, dopo Porto Marghera e Gela, come confermato a inizio anno da Eni dopo averla annunciata nel 2022. Prevede la costruzione di tre nuovi impianti per la produzione di biocarburanti: un’unità di pretrattamento delle cariche biogeniche, un impianto Ecofining da 500mila tonnellate all’anno e un impianto per la produzione di idrogeno da gas metano. Come si legge sul sito di Eni, gli impianti “Saranno in grado di trattare diversi tipi di cariche biogeniche, prevalentemente scarti e residui di origine vegetale, per produrre Hvo diesel, Hvo nafta e bio-gpl” con completamento e avvio entro il 2026.

In una osservazione inviata al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del 4 maggio 2023, movimenti politici e comitati cittadini etichettatano come “scelta sbagliata” l’idea stessa di puntare sui biocarburanti visto che “il nuovo regolamento Ue vieta dal 2035 la vendita di auto e furgoni nuovi con motore alimentato a benzina in favore di auto elettriche e a idrogeno”, insieme a perplessità sul rischio alluvionale – nel 2017 l’esondazione di due torrenti causò 8 morti e fu colpita anche la raffineria – “Considerando che sorgerà all’interno di un’area Sin in attesa di bonifica, le criticità idro-geo-morfologiche appaiono essere più di un campanello d’allarme di cui tener conto per evitare di rendere ancora di più impattante un’area già molto fragile dal punto di vista ambientale e morfologico, come dimostrato anche dal ‘Piano di gestione Alluvioni’ in cui l’area della raffineria Eni di Livorno è classificata in classe di rischio elevato”. Non ultimi i dubbi sulla riduzione di impatto ambientale.

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“Non è possibile parlare di riduzione di impatto ambientale – sottolinea Maurizio Marchi di Medicina Democratica Livorno – si tratta di far arrivare 200mila tonnellate di rifiuti all’anno alla raffineria attuale via nave e camion. Non diminuirebbe di una virgola l’impatto attuale. Anzi, lo aggraverebbe. Questo è il problema detto in poche parole. In più ci sarebbe la lavorazione stessa della raffineria e la riduzione di rifiuti a combustibili che avrebbero emissioni a loro volta”.