Se Donald Trump vincerà le elezioni negozierà con la Russia per porre fine al conflitto in Ucraina e i rapporti tra Washington e Mosca saranno migliori. Lo ha detto J.D. Vance, l’ex marine appena nominato vice di Trump. Non solo, il possibile prossimo vice-presidente degli Usa di fronte alle telecamere di Fox News, rete trumpiana per eccellenza, ha anche specificato che i negoziati con i belligeranti saranno avviati «rapidamente, in modo che l’America possa concentrarsi sul vero problema, che è la Cina».

Tuttavia, intervistato da un corrispondente dell’agenzia di stampa russa Tass a Milwakee, dove si sta svolgendo la convention del partito repubblicano, il tycoon non ha risposto sulle modalità con le quali intende interagire con Vladimir Putin se verrà eletto. Sposando il ruolo messianico che alcuni dei suoi fedelissimi gli hanno affibbiato, il candidato presidente si è limitato a dire «tutti staranno meglio».

La redazione consiglia:
Preghiere, inni e grande regia. Così The Donald diventa culto

Il che, come dimostra la lettera inviata ai vertici dell’Unione Europea, trova d’accordo anche il premier ungherese e attuale presidente di turno dell’Ue Viktor Orbán. Dopo la visita ossequiosa alla residenza trumpiana di Mar-a-lago, Orbán è tornato a essere il più accanito sponsor di Trump in Europa. Per Orbán, Trump ha un piano «dettagliato con basi solide» per la pace tra Kiev e Mosca che «non può essere attuato durante la campagna elettorale ma che» una volta eletto, «sarà messo in campo prima della cerimonia d’insediamento».

Per questo motivo il Vecchio Continente deve affrettarsi per non rimanere fuori dai giochi.

Orbán ne è talmente convinto, o la sua strategia è talmente stringente ormai, che si è deciso a mettere nero su bianco le sue teorie geopolitiche, che in molti punti confliggono con quelle della maggior parte dei leader europei, e inviare una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Dunque, scrive Orbán, nel caso della «probabile» vittoria dei repubblicani, l’Ue deve riaprire «linee di comunicazione diplomatica dirette» con la Russia e avviare «colloqui di alto livello» con la Cina. Anche perché, «la proporzione del peso finanziario fra gli Usa e l’Ue cambierà significativamente a svantaggio dell’Ue sul fronte degli aiuti all’Ucraina», si legge in un altro passaggio.

A sostegno della sua analisi Orbán ha citato le sue visite a Kiev, Mosca e Pechino. Ma sono proprio questi colloqui ad aver fatto infuriare i vertici di Bruxelles. Non è chiaro ancora se si tratti dell’ultima goccia, ma intanto la Commissione europea ha deciso di inviare solo «alti funzionari civili» alle riunioni informali del Consiglio europeo che saranno organizzate a Budapest fino al 31 dicembre.

Si parla anche di un possibile boicottaggio della riunione degli esteri-difesa, in concomitanza della quale l’Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell potrebbe fissare un altro incontro a Bruxelles. Durante la giornata di ieri si sono rincorse diverse voci sulla partecipazione della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen agli incontri di Budapest e, al momento, la sua linea non è ancora chiara. Anche se sembra evidente che in qualche modo Bruxelles voglia farla pagare a Orbán per i suoi recenti viaggi diplomatici.

La redazione consiglia:
Missili Usa a lungo raggio, Mosca minaccia l’Europa

Dal canto suo il presidente ucraino Zelensky ritiene che «se Donald Trump diventerà presidente, lavoreremo insieme. Non sono preoccupato per questo». Eppure il capo di stato sta insistendo per la convocazione di una conferenza di pace (che segua quella in Svizzera di un mese fa) alla quale partecipi ufficialmente anche la Russia.

Il vertice si dovrebbe svolgere prima di novembre, ovvero prima dell’insediamento del prossimo presidente degli Usa, ma il Cremlino ha dichiarato che «bisogna capire cosa abbia in mente» il leader ucraino. Un alto funzionario del ministero degli esteri russo ha chiarito che si tratto solo di «parole vuote», in quanto «se le autorità di Kiev fossero effettivamente pronte a risolvere la crisi con metodi politico-diplomatici, avrebbero prima di tutto annullato il decreto in vigore in Ucraina sul divieto di tenere i negoziati con la leadership russa e avrebbero accettato di discutere in modo sostanziale altre iniziative oltre all’ultimatum della formula di Zelensky».