Da una parte il progetto di «legge operaia» preparata dai Giuristi democratici e da Comma 2 e discussa e approvata dal Collettivo di fabbrica. Dall’altra il silenzio che è caduto sull’annunciato «decreto antidelocalizzazioni», da più di un mese sparito dai radar del governo. La battaglia dei lavoratori Gkn – ingrossata dalla mobilitazione e dalla «rete» costruita con Whirlpool Napoli e le altre aziende delocalizzate – ieri mattina è finalmente entrata in parlamento. Nella versione anticipata dal manifesto già il 4 settembre.

Merito dei primi firmatari del testo, il senatore Matteo Mantero di Potere al Popolo (ex M5s) e la deputata Yana Ehm, anch’essa fuori uscita dal Movimento e ora nel Gruppo misto. Alla Camera i firmatari sono 26, compreso Elio Vito, di Forza Italia, che ha annunciato la sua adesione nel corso della conferenza stampa di ieri mattina. «È un giornata storica – ha spiegato Ehm – . La proposta di legge è stata scritta non sulle ma con le teste dei lavoratori della Gkn. È un intervento normativo deciso e concreto». «Il tema delle delocalizzazioni – ha aggiunto Mantero – è un tabù per la politica. Lo Stato deve avere un ruolo, anche collaborando a ricostruire le imprese».

«In un mondo diverso – ha spiegato Dario Salvetti del Collettivo Gkn – parlamento e governo sarebbero intervenuti da tempo. Quello che facciamo oggi è togliere alibi sulla legge antidelocalizzazioni. Con questa proposta poniamo vincoli alle aziende. Sono regole, non è una rivoluzione, e le regole, quando sono chiare, sono utili a tutti».

«In questo paese non ci devono più essere drammi come quello Gkn o Giannetti e di tante altre realtà piccole e grandi», afferma il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.

Ricordando la sentenza del tribunale di Firenze che ha dichiarato illegittimi i licenziamenti, i Giuristi Democratici hanno ricordato come tutta la procedura «si pone fuori dalla nozione di lavoro e di iniziativa economica delineati dalla Costituzione».

Il punto che i Giuristi democratici sottolineano è la condivisione con il governo dello stesso obiettivo – bloccare le delocalizzazioni – ma migliorando e rendendo efficace l’apparato sanzionatorio mettendo al centro la nullità dei licenziamenti – difatti previsti dalla legge 223 del 91 solo in caso di aziende in crisi – e mantenendo la produzione.

La proposta di legge dunque prevede che «l’autorità pubblica deve controllare la reale situazione dell’azienda» che vuole delocalizzare, «al fine di soluzione alternative»: «un Piano che garantisca la continuità produttiva e occupazionale» «approvato dall’autorità pubblica, con il parere vincolante della maggioranza dei lavoratori coinvolti». In alternativa «l’eventuale cessione deve prevedere una prelazione da parte dello Stato e di cooperative di lavoratori».

Accanto alla proposta di legge, per intervenire sulle delocalizzazioni già in atto si «ritene necessaria e immediata una sospensione delle procedure di licenziamento avviate». Un decreto che il governo al momento non ha alcuna intenzione di approvare.