Roma nella sua storia ha certo visto molti trionfi, non tutti felici. Ma nessuno come quello andato in scena allo stadio Olimpico alle 20.37 del 28 maggio.

Il trionfo della commozione. Della fragilità. E perché no, dell’amore. Senza freni né condizioni.

L’addio al calcio giocato di Francesco Totti dopo 25 anni nella Roma ha commosso chiunque, dentro e fuori gli spalti. A prescindere dalle latitudini e dal tifo. «Sei stato tu il trofeo più bello», aveva scritto alla vigilia il cronista di Sky Angelo Mangiante. E così è stato per il popolo giallorosso.

ita roma calcio Totti saluto stadio 914

NON SI ERA MAI VISTA una partita così struggente. Un campione che lascia il suo pubblico e il suo stadio confessando ad alta voce tutta la propria paura.

Raccontando la gioia di giocare. Spiegando il buio oltre la rete, l’imminente nostalgia del profumo del prato e del pallone. Aggrappandosi ai figli e alla moglie con le nocche bianche e gli occhi scavati dal dolore.

totti figli

Chiedendo aiuto ai tifosi. Dichiarando tutto il suo affetto per una sola maglia. Ricordando i minuti finali dell’unico scudetto vinto e un amore lungo 40 anni. Infinito, questo sì. Sciolto in una sintonia totale di ringraziamenti tra spalti e campo.

Francesco Totti
Mi piacerebbe che la mia carriera diventi per voi una favola da raccontare. Ora concedetemi un po’ di paura. Stavolta sono io che ho bisogno di voi

«Totti è la Roma», ha scritto in una coreografia gigante la curva Sud, cuore del tifo giallorosso. Il lupo azzanna chi sfiora i suoi cuccioli. Vedi i fischi feroci e un po’ ingenerosi a Spalletti e Pallotta.

30 storie ultima totti

Si può essere campioni anche con la bacheca semivuota. Accade a pochi, però. E si può essere amati fino all’ultimo anche nel «calcio moderno», purché sinceri e leali. Ma accade a pochissimi.

«Nascere romani e romanisti è un privilegio», avverte il capitano. Eppure sono due colpe che fino a pochi anni fa rendevano ogni minima défaillance del «pupone» il bersaglio preferito degli opinionisti.

IL DIBATTITO SURREALE degli ultimi anni sul futuro di Totti lo scioglie lui stesso in un discorso scritto a casa con la famiglia, letto al microfono tra sorrisi, abbracci ai figli e tante lacrime. Parole non sempre nitide ma rese di nuovo semplici come gioco, amore, famiglia, sogno, paura.

«In questi giorni ho letto tantissime cose su di me, belle, bellissime. Ho pianto sempre, tutti i giorni, da solo, come un matto», confessa.

Sull’ultimo pallone calciato in curva, aveva scritto: «Mi mancherai». E non è chiaro se il riferimento fosse al pallone o al campo, o al pubblico. Ma non importa. Un sentimento così grande non si sgroviglia in un attimo.

Tutto è come dovrebbe essere. Un discorso non da superuomo ma da uomo, anche autoironico, che in bocca ad altri sarebbe potuto suonare patetico o sdolcinato e invece no. «Voglio dedicare questa lettera a tutti voi, ai bambini che hanno tifato per me, a quelli di ieri che ormai sono cresciuti e forse sono diventati padri. E a quelli di oggi che magari gridano: Totti-gol. Mi piace pensare che la mia carriera diventi per voi una favola da raccontare…».

totti figli 2 xinhua

E in effetti è proprio una favola. Il calciatore Peter Pan è diventato uomo, «maledetto tempo» – sussurra al microfono – concedetemi un po’ di paura. Questa volta sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore». E qui lo stadio esplode spontaneo urlando con una sola voce: «Noi non ti lasceremo mai».

Su Totti, andreottianamente, il dibattito si può aprire e chiudere con un tweet del romanistissimo Johnny Palomba: «Totti logora chi non ce l’ha, chi non ce l’ha avuto e chi non ce l’avrà mai». Tutto il resto è sentimento, cuore infranto, passione. E classe. Timidezza. Allegria. Sempre.

Da 10 a 10: «Francesco Totti è e sarà il miglior giocatore che abbia visto in vita mia!»: Diego Armando Maradona (21 maggio 2017).

Diego Armando Maradona
«Francesco Totti è e sarà il miglior giocatore che abbia visto in vita mia!»

IL «CAPITANO», COME lo chiamano tutti i tifosi, non correrà più sotto la curva sud. La leggenda sfuma nel mito. Nei filmati su youtube degli anni Novanta e in quelli più recenti, con le lacrime sugli spalti dopo i gol al derby e al Torino dell’anno scorso o il gol al 93′ quest’anno contro la Sampdoria.

Nella palla accarezzata in centinaia di assist alla cieca. In quel passaggio spalle alla porta che è il suo marchio nel mondo. Un mito fatto di 307 gol in 786 presenze. Tutte con una sola maglia. Perfino Berlusconi, a suo tempo, gettò la spugna: «Le bandiere non si comprano».

TOTTI LOGORA CHI non ce l’ha. Ma un po’ logora anche chi l’ha conosciuto. Come «Capitan Futuro» De Rossi, che di recente ha rilasciato interviste splendide su di sé e anche sul Capitano. Ha logorato certamente Luciano Spalletti, che congedandosi da una stagione da record ha chiesto scusa, ammettendo di essersi sbagliato a gestirlo ma ricordando – a ragione – che l’allenatore lavora per la squadra.

Troppo a parte Totti per essere facilmente digerito nelle infinite trasmissioni calcistiche. Troppo forte il suo legame con la romanità per essere capito fuori dal raccordo anulare. Troppo difficile la sua timidezza in un calcio sempre più social, «moderno» e on line. Ma oggi, al tramonto, il raggio verde del rispetto ha unito quasi tutte le curve d’Italia, dalla Lazio al Milan. Non si demoliscono i pezzi unici. Tantomeno se autentici come Totti.

Totti e De Rossi - LaPresse

Daniele De Rossi
Totti ha vinto in un’altra maniera, ha vinto unendo una città che si disunisce per tutto. Dopo 16 anni con lui, per me non sarà facile. Se ne va un amico

SU UNA COSA PERÒ abbiamo sbagliato tutti, compresi i tifosi. Non c’è solo un capitano.

C’è quella fascia storica che passa sul braccio di Mattia, 11 anni, il più giovane capitano delle squadre romaniste.

totti e mattia almaviva 3

E, soprattutto adesso, c’è Daniele De Rossi, che ieri ha giocato la partita più commovente della sua carriera, correndo ovunque, segnando, piangendo, dicendo le cose giuste, proteggendo con tutto se stesso il risultato e la serata, abbracciando, alla fine, un campione e un amico che se ne va.

La redazione consiglia:
«Siamo tutti DDR», la Roma ammaina l’ultima bandiera

Read the English version of this article at il manifesto global