Hanno attraversato le strade di Caserta ieri cantando Bella ciao i 440 lavoratori della Jabil, multinazionale Usa leader dell’elettronica, intenzionata a tagliare 190 dipendenti dall’organico del sito di Marcianise. La cassa integrazione scade marte

La redazione consiglia:
Jabil ritira i licenziamenti: 3 mesi per trovare un ricollocamento a 190 dipendentidì prossimo e da quel momento potrebbero partire le lettere di licenziamento. Francesco Percuoco, segretario della Fiom Cgil di Caserta, annuncia: «In assenza di risposte continueremo a mobilitarci». Lunedì è previsto un presidio a Caserta, il giorno dopo a Napoli presso la regione.

Nel 2020, in piena pandemia, Jabil aveva già provato a tagliarli nonostante i licenziamenti fossero bloccati per legge causa Covid. «In passato – spiega Percuoco – l’azienda ha effettuato delle ricollocazioni di personale che, invece di essere la soluzione, sono diventate un nuovo problema: Orefice non ha più investito sul territorio e ha licenziato i lavoratori; 250 sono finiti in Softlab ma il progetto non decolla e addirittura non vengono pagati gli stipendi». Cgil, Cisl e Uil chiedono che Jabil ritiri la procedura e il governo preveda nuovi ammortizzatori sociali per arrivare a una soluzione. «Siamo difronte a una multinazionale leader del settore, 120 stabilimenti nel mondo, 250mila dipendenti. Produce le colonnine di ricarica delle auto elettriche per l’Enel, l’elettronica è ovunque ed è strategica per le riconversioni green. Un colosso che però non vuole investire a Caserta: governo e regione devono intervenire, Enel potrebbe aumentare la commessa. Se poi vengono proposti altri sbocchi bisogna assicurare un monitoraggio, non come fatto negli anni scorsi».

Eppure la Campania è stata un affare per Jabil: «Si è presentata sul territorio circa 20 anni fa e ha acquisito tutti i siti delle aziende che operavano nell’elettronica applicata alle telecomunicazioni, Siemens, Nokia, Ericsson: ogni volta che assorbiva un’azienda presentava esuberi, prendeva le commesse e le mandava all’estero». Massimiliano Guglielmi, segretario regionale Fiom Cgil: «Stanno arrivando risorse economiche importanti per effetto del Pnrr destinate ai progetti per la transizione ecologica. I lavoratori Jabil, ma anche gli ex passati in Softlab e Orefice, hanno competenze e professionalità che non si possono disperdere».

L’elenco dei lavoratori a rischio è purtroppo lungo. Ieri è partita la procedura di licenziamento collettivo dei circa 160 dipendenti dell’Ipercoop di Afragola. Spiega Luana Di Tuoro, segretaria generale della Filcams Cgil regionale: «L’imprenditore che aveva il marchio in franchising ha chiuso l’iper e fatto ricorso agli ammortizzatori sociali. Al tavolo regionale il nuovo acquirente ha portato una proposta che prevedeva un taglio di circa il 50% della forza lavoro e tempi lunghissimi per la ristrutturazione dei locali. A trattativa ancora in corso è partita la procedura di mobilità». Si tratta soprattutto di donne monoreddito con un’anzianità di servizio di 25 anni, età media 50 anni, che erano in cassa integrazione a zero ore: «Personale qualificato ma non giovanissimo che avrà difficoltà a trovare una collocazione in un’area, tra Afragola e Acerra, con problemi di lavoro e sofferenza sociale. La proprietà delle mura è di Coop, che deve assumersi le sue responsabilità nella ricerca di una soluzione – conclude Di Tuoro -. Abbiamo chiesto l’intervento di ministero e prefettura».

In Campania sono almeno 40 le grandi vertenze aperte (oltre 3.500 posti a rischio) nel solo settore industriale. Tra queste, il gruppo Dema: azienda dell’aerospazio (600 dipendenti), pronta a chiudere i due siti di Brindisi e ridimensionare quelli campani di Somma Vesuviana e Paolisi. Al ministero delle Imprese mercoledì i sindacati hanno fatto mettere a verbale: «Le linee illustrate dai vertici aziendali sono inadeguate al confronto non prevedendo né continuità e rilancio industriale, né salvaguardia dell’occupazione. La soluzione prospettata comporterà la perdita di un patrimonio industriale di eccellenza, la disgregazione di un complesso industriale strategico con una capacità produttiva molto superiore a quella in discussione con finali e inevitabili ricadute anche sugli stabilimenti di Somma Vesuviana e Paolisi».