In principio c’erano solo draghi, sulle terre alte. Poi vennero gli dei e i santi, ma fu solo grazie agli scienziati, umanità bramosa di sapere armata di barometri e teodoliti, che la montagna emerse dal buco bianco lasciato sulle mappe.

SONO I RICERCATORI i veri precursori dell’alpinismo. Grazie a loro, insieme agli altarini, ai templi e alle croci, sulle montagne (o anche sotto) l’umanità ha costruito laboratori e osservatori, assumendo l’alta quota – e più in generale ogni landa estrema, il più lontano possibile dalla contaminazione antropica – come luogo di elezione per le sperimentazioni scientifiche. Si cominciò sul Monte Bianco e si è finiti sotto il Gran Sasso, negli altipiani delle Ande, sui vulcani delle Hawaii e alle pendici dell’Everest.

E d’altro canto, chissà perché, spesso la passione per le vette si sposa felicemente con la passione per la ricerca scientifica, in particolare per la fisica e la geologia.

Stavolta – raccogliendo anche alcuni vostri suggerimenti arrivati via lettera – volevamo restituire alle terre alte una dimensione meno sportiva ma altrettanto «esplorativa» e avventurosa. Forse più mentale che fisica, anche se in montagna il confine tra i due aspetti è quanto mai labile.

Ecco perché, senza pretese di completezza, abbiamo deciso di dedicare questo numero di in movimento al connubio tra scienza e montagna: luoghi, protagonisti e tematiche di questa lunga storia d’amore che continua ancora oggi.

DAL 6 APRILE invece (l’appuntamento in edicola è sempre il primo giovedì del mese) viaggeremo insieme in posti stupendi e, purtroppo, meno conosciuti.

Insieme ad alcuni «cicerone» d’eccezione proveremo a raccontare chi va sulle terre alte ma anche chi invece ci vive, e come ci vive. Una relazione meno scontata e «irenica» di quanto appaia nelle immagini da cartolina che ci fanno innamorare delle Alpi e non solo.

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