L’inviato speciale cinese Li Hui è atterrato a Kiev per discutere di una «soluzione politica» alla guerra in corso. Intanto, il presidente turco Erdogan ieri ha fatto sapere che l’accordo sul grano è stato rinnovato (nell’ultimo giorno utile) per altri due mesi.

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E a Reykjavik, in Islanda, il Consiglio d’Europa ha istituito un registro per i danni di guerra in Ucraina ma sette Paesi su 46 non hanno votato favorevolmente e quindi per ora si tratta di un «accordo parziale» e non vincolante.

IL VERTICE DI REYKJAVIK tenutosi ieri mattina ha visto allo stesso tavolo i capi di Stato e di governo dell’organizzazione europea e una delegazione ucraina composta, tra gli altri, dal primo ministro Denys Shmyhal e dal ministro della giustizia Denis Malyuska. «Questo vertice mostra chiaramente che Putin ha fallito con i suoi calcoli: voleva dividere l’Europa e ha ottenuto l’opposto – ha dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz – Siamo più vicini che mai».

Il registro dei danni, che dovrebbe consentire alle vittime di guerra ucraine di catalogare quelli subiti e chiedere un risarcimento, ha incontrato largo consenso ma non è ancora operativo. I partecipanti hanno anche discusso i dettagli di un potenziale futuro tribunale in cui la Russia dovrebbe affrontare le accuse per i crimini di guerra.

«La responsabilità è uno dei temi di cruciale importanza», ha detto Marija Pejcinovic Buric, segretaria generale del Consiglio d’Europa. Ma lo stesso organo ha chiarito che non si occuperà né di sottoporre direttamente a verifica le future richieste di risarcimento, né di finanziare i pagamenti delle riparazioni stesse: tali incombenze saranno appannaggio di altre istituzioni da nominare o da creare.

A tal proposito Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice di Washington presso le Nazioni unite ha dichiarato che gli Stati uniti «aderiranno al Registro come membri fondatori e prevediamo con il Congresso di fornire finanziamenti iniziali».

Nel frattempo, la Corte internazionale di giustizia ha annunciato che il mese prossimo si terranno le udienze per confutare le accuse di Kiev a Mosca rispetto alle discriminazioni etniche in Crimea. Se il tribunale dell’Aja dovesse dar ragione all’Ucraina, si tratterebbe di una sentenza specifica che non ha a che fare con il quadro più ampio della guerra e a cui la Russia probabilmente non accetterà di sottostare.

PER QUESTO ALCUNI politici ritengono che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) potrebbe avere più successo nell’azione sanzionatoria contro il governo russo: il tribunale di Strasburgo può ordinare ai paesi condannati di rimborsare. Ma, se consideriamo che la Georgia, invasa dalle truppe russe nel 2008 e riconosciuta parte lesa, non è ancora riuscita a ottenere nessuna compensazione economica dal Cremlino, le speranze degli ucraini si assottigliano.

Al momento la Russia non è un membro del Consiglio d’Europa, essendone stata espulsa l’anno scorso in seguito all’invasione dell’Ucraina e, a quanto risulta, né il Consiglio né il tribunale di Strasburgo hanno alcun canale di comunicazione con le autorità russe nonostante le migliaia di denunce di violazioni dei diritti umani sporte contro quest’ultima.

Tra l’altro, nel 2015 il governo russo ha approvato una legge che gli consente di annullare le sentenze della Cedu senza dover versare alcun indennizzo, invalidando di fatto le decisioni della Corte.

IN VIDEOCOLLEGAMENTO da Kiev il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha ribadito il desiderio che si istituisca un tribunale specifico per il perseguimento giudiziario dell’aggressione russa. L’altro tema erano le armi, com’è ovvio. A oggi sembra che la missione diplomatica della delegazione ucraina per creare la cosiddetta «coalizione degli F-16» non stia dando grandi frutti.

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Anche la Polonia ieri si è tirata indietro. Il presidente polacco Andrzej Duda ha detto che il suo Paese non sarà in grado di fornire i velivoli richiesti da Kiev ma che «non si oppone ad addestrare piloti ucraini e a fornire ulteriori Mig-29». Dopo il rifiuto di Gran Bretagna e Germania, quello polacco sembra porre una seria ipoteca sulle richieste di Kiev.