Il volantino pubblicitario della catena di supermercati Kaufland squaderna la maxi offerta estiva con i modelli per tutte le tasche: si parte dallo spartano «growing-box» in plastica largo 40 centimetri e alto 120, venduto a 71 euro e 50 cent; si finisce con il «premium set» in cristallo dotato dell’intero corredo di lampade e ventilatori, del costo di 471 euro. In totale, quattro pagine dedicate alle serre progettate su misura per coltivarsi in casa le tre piante di cannabis concesse per legge a qualunque maggiorenne con la residenza in Germania da almeno dieci mesi.

Cinque settimane dopo il varo della norma sulla liberalizzazione delle canne la grande distribuzione organizzata dimostra di avere ampiamente digerito il nuovo business: la merce viene esposta sugli scaffali dedicati al giardinaggio esattamente come qualunque altro prodotto del settore. Anche se non si tratta veramente di un mercato creato dal nulla; l’enorme domanda (sono ben 4,5 milioni i consumatori abituali nella Repubblica federale) fino a ieri ha potuto incrociare solo l’offerta sottobanco dell’ex monopolista assoluto: la criminalità organizzata.

CHI NON HA il pollice verde, invece, si è già messo in fila nella lunga coda per iscriversi al Cannabis Club più vicino a casa. Dal 1 luglio le richieste per ottenere la tessera che consente di comprare le bustine di maria dall’unico distributore autorizzato dallo Stato sono letteralmente esplose, nonostante manchi ancora quasi del tutto la rete delle strutture.

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Emblematico il caso di Bochum, centro industriale di 360mila abitanti nel cuore della Ruhr. Un mese dopo il via libera legislativo non risulta alcuna licenza concessa, spiega Felix Wagner, titolare del Cannabis Club «Dachermann», fra i primi a presentare domanda. «Una volta compilati i documenti necessari, il tempo di lavorazione della pratica è di tre mesi» precisa, prima di raccontare tutte le difficoltà burocratiche incontrate a cominciare dall’ufficio pubblico di riferimento: «A pochi giorni dall’entrata in vigore della norma non era ancora chiaro quale fosse l’autorità competente e la ricerca del luogo adatto per il “Cannabis Club” si è rivelata più complicata del previsto.

Avevamo trovato un seminterrato, lontano da scuole e parchi giochi come prevede la legge, ma nello stesso edificio c’erano anche appartamenti, e ciò è vietato». Si aggiunge all’obbligo di proteggere la struttura con porte e finestre anti-scasso e alla necessità di cambiare la destinazione d’uso dei terreni utilizzati per coltivare la cannabis: altre settimane di burocrazia da aggiungere ai tempi per l’effettiva apertura della struttura .

NULLA DI INSUPERABILE, anzi. Al punto che il «Dachermann» ha messo solo in stand by le nuove iscrizioni mentre procede a pieno ritmo con i lavori per la coltivazione e ha già formalmente accettato circa metà delle 800 richieste massime ammesse per ogni club: altro limite imposto dalla legge sulla liberalizzazione, per evitare di diventare come Amsterdam.

IN BAVIERA INVECE i Cannabis Club sono costretti ad assumere personale di sorveglianza anche se gli appositi corsi non sono stati ancora attivati, denuncia l’Associazione regionale per la Cannabis che comunque ha già cominciato a coltivare l’erba con il sistema idroponico.

«Ricordiamo a tutti gli agenti: durante il servizio resta vietato operare in stato di alterazione psichica». Così la polizia aggiorna le linee guida per la condotta del personale all’epoca della marijuana libera. Esattamente come tutti gli altri cittadini, gli appartenenti alle forze dell’ordine possono tenere in tasca fino a 25 grammi di cannabis (50 in casa), però possono fumare gli spinelli soltanto fuori-orario.

SEMBRA SCONTATO, invece è il più plastico sintomo della rivoluzione culturale che ha rovesciato il paradigma proibizionista. Tra i promotori istituzionali della liberalizzazione spicca non a caso il ministero dell’interno: la legge pro-cannabis è essenzialmente una norma anti-criminalità organizzata e per liberare dall’attività di repressione migliaia di agenti quotidianamente impegnati a sequestrare, quantità irrisorie di thc a incensurati poi sistematicamente assolti dai tribunali. Colossale spreco di tempo, soldi e risorse condiviso anche dal ministro della giustizia, il più soddisfatto per la riforma appoggiata in primis dai giudici.

Montagna di scartoffie in meno per i tribunali; valanga di carte in più per il dicastero delle finanze, sebbene i funzionari non abbiano avuto la minima difficoltà a sussumere nel sistema di tassazione il mercato rubato alla mafia: l’intera filiera produttiva della cannabis viene regolata, né più, né meno, come tutte le altre attività svolte alla luce del sole.

OLTRE ALL’USO ricreativo la nuova legge ha moltiplicato l’uso di cannabis a scopo curativo, settore regolato direttamente dal ministero della sanità. Di fatto la liberalizzazione smantella gli ultimi paletti che finora impedivano alle farmacie di prescrivere tutta l’erba medicale richiesta dai clienti-pazienti.

«La prescrizione ora è diventata molto semplice e le richieste sono aumentate a dismisura» confermano i farmacisti da Berlino fino a Stoccarda. Risultato: da un mese la marijuana legale è molto più economica dell’offerta dei pusher di strada, quantifica sul quotidiano Franfurter Rundschau Niklas Kouparanis, responsabile di “Bloomwell”, azienda leader nella produzione di cannabis, dopo avere valutato decine di migliaia di ricette da gennaio 2023 a giugno 2024. «Metà dei clienti compra erba che costa meno di 9 euro al grammo. I prezzi partono da 5 euro mentre sul mercato nero la vendono come minimo il doppio. Si tratta di un caso unico al mondo». Parola di imprenditore.