I Il prossimo round di negoziati sulla moratoria globale sui brevetti anti-Covid proposta da India e Sudafrica è previsto per giovedì alla sede ginevrina del Wto. Dopo sei mesi di negoziati infruttuosi, in pochi prevedono uno sblocco imminente. Ma negli ultimi giorni il tema sta guadagnano consensi sia all’interno del partito democratico Usa di Biden che nel Parlamento Europeo. L’Italia potrebbe essere in prima fila, se il governo darà seguito alla mozione approvata dall’intera maggioranza alla Camera a sostegno dell’adozione della moratoria in ogni sede internazionale. La prima firmataria della mozione è Angela Ianaro (M5S) che per entrare in Parlamento ha lasciato la cattedra di Farmacia all’università “Federico II” di Napoli.

Onorevole Ianaro, quale impegno chiede al governo la mozione approvata?

Per uscire dall’emergenza dobbiamo fare in modo che il vaccino sia accessibile a tutti. Al trionfo scientifico non è conseguita un’altrettanto efficace azione di produzione e distribuzione dei vaccini, e questo ne sta limitando l’impatto positivo. Per questo abbiamo chiesto al governo di mettere in atto tutti gli strumenti efficaci per allargare la distribuzione dei vaccini, considerandoli un bene comune. Non si mette in discussione la legittimità dei brevetti, che serve a certificare l’affidabilità dei farmaci e a garantire il rientro degli investimenti e infatti abbiamo chiesto al governo di adoperarsi per consentire la temporanea sospensione dei brevetti sul Covid, con un adeguato meccanismo di compensazione per le aziende. Chiederemo al governo Draghi di porre il tema al Vertice globale sulla salute del G20 che si terrà a Roma il 21 maggio. Sarà un’occasione imperdibile per una decisione storica.

Gli oppositori alla sospensione ritengono che le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio siano già abbastanza flessibili e consentano ai singoli stati di concedere “licenze obbligatorie”.

L’azione di singoli stati, come molti invocano, è inefficace e non produrrebbe l’effetto desiderato, perché parliamo di una necessità globale. Se non garantiamo il vaccino a tutti, non usciremo mai dall’emergenza sanitaria e il virus continuerà a variare. Per questo dobbiamo fare in modo di garantire il vaccino anche nei Paesi più poveri, altrimenti creeremo incubatori di possibili mutazioni che inevitabilmente torneranno anche nei Paesi più ricchi. Le malattie infettive non conoscono confini: nessuno è al sicuro se non lo sono tutti. Se si allarga la produzione a tutti gli Stati, si eliminerebbe anche un pretesto per chi diffida dei vaccini in quanto li associa alle solite aziende farmaceutiche.

Oltre a liberare i brevetti, per produrre i vaccini servono anche competenze che, sui vaccini innovativi, oggi hanno in pochi. È un problema?

Sicuramente l’aumento della produzione dovrebbe essere accompagnato dal trasferimento tecnologico. Ma non è vero che in Italia non esista il know how: ci sono le competenze per poter realizzare (magari non in pochi mesi come si dice in giro) anche vaccini innovativi. Ma serve un investimento per convertire siti produttivi e realizzarne di nuovi. In ogni inizio serve. È richiesto un confronto sano tra tutti gli attori, che non riguardi l’interesse di pochi ma quello di tutti. In Europa, in questi anni, c’è stato uno scarso investimento nella politica industriale farmaceutica, e in Italia è andata ancora peggio. I vaccini sono uno strumento di prevenzione, quindi interessano poco le aziende, quindi bisogna raddoppiare gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo in questo campo. Altrimenti sarà difficile uscire da emergenze di salute pubblica che ci toccheranno anche in futuro.

Perché non aumenta la produzione di vaccini, in Italia e in Europa?

Non credo manchi l’interesse delle aziende che potrebbero produrli: manca quello delle aziende ad accordare licenze volontarie. Penso sia necessario un dialogo a livello europeo affinché il confronto sia produttivo. Ma solo ora si è iniziato a parlare di un’Europa della Salute e di una strategia farmaceutica europea: c’è voluta la pandemia.

Fra un mese a Roma ci sarà il G20 della salute, che sarà presieduto dall’Italia. Sarà il luogo giusto per discutere dei brevetti sui vaccini?

Ci aspettiamo che Draghi, dall’alto della sua autorevolezza, dia seguito agli impegni pronunciati in favore di un allargamento della produzione e della distribuzione dei vaccini, per dare il via alla ripresa economica e sociale. Il premier dia seguito alla mozione, così come all’appello di 170 premi Nobel ed ex-capi di governo favorevoli a una sospensione dei brevetti. Credo che Draghi possa far capire l’importanza di questa azione.

È realistico pensare a una produzione pubblica di vaccini?

Spesso le idee nascono all’interno delle università, ma è necessario un forte investimento affinché siano rese disponibili alla società. La difficoltà delle piccole aziende biotecnologiche in cui sono stati sviluppati i vaccini come Moderna, BioNTech o Novavax testimoniano della grande qualità della ricerca pubblica, ma anche della difficoltà di produrre ingenti quantità di vaccini quali sono quelle necessarie. Dirigo un gruppo di ricerca universitario e conosco la fatica dovuta alla scarsità di investimenti pubblici in scienze della vita. Ma serve una visione unitaria per superare la parcellizzazione e costruire una filiera che parta dalla formazione e giunga al prodotto finito.