L’accordo quanto mai vago e generico per lo svolgimento delle elezioni ad Haiti entro il 31 agosto 2025 – sbandierato come un grande passo avanti dal primo ministro delle Bahamas Phillip Davis al termine del vertice della Comunità dei Caraibi (Caricom) in Guyana il 28 febbraio – ha, se possibile, ulteriormente aggravato lo scenario del paese più povero della regione.

Non c’è mai fine al peggio, ad Haiti.

Ormai padrone del territorio – l’80% di quello di Port-au-Prince è in mano loro – le bande armate hanno assaltato nella notte di sabato i due istituti penitenziari della capitale, causando almeno 12 morti e consentendo ad almeno 4 mila detenuti di darsi alla fuga. E il timore è che i prossimi obiettivi siano il palazzo presidenziale e la sede della polizia.

Un’escalation di violenza – con un aumento senza precedenti del numero di combattimenti in strada, incendi, barricate e saccheggi e persino l’occupazione del principale stadio di calcio – che venerdì scorso aveva rivendicato con forza il leader della più potente rete di bande criminali di Haiti (il cartello “G9 an fammi e akye”) Jimmy Cherizier, detto Barbecue per la pratica di dare alle fiamme gli agenti di polizia, il quale ha chiesto alle famiglie di non mandare i bambini a scuola per «evitare danni collaterali» durante gli scontri in corso nella capitale.

«Ribadiamo che la popolazione non è il nostro nemico, i gruppi armati non sono il vostro nemico. Arrestate Ariel Henry per la liberazione del paese», ha dichiarato Cherizier.

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Ma intanto «decine di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case e i loro averi e sono ora sfollate in diverse aree di Port-au-Prince», denuncia in un comunicato Medici senza frontiere, lanciando l’allarme sull’esaurimento delle forniture mediche, «che si trovano al porto della città ma non sono al momento accessibili».

In risposta, le autorità hanno decretato un coprifuoco dalle 18 alle 5 della mattina e dichiarato uno stato di emergenza di 72 ore prorogabile, ordinando alla polizia di «utilizzare tutti i mezzi legali a disposizione per far rispettare la misura e arrestare tutti i trasgressori», come ha assicurato il ministro delle Finanze Patrick Boivert, il quale ricopre le funzioni di primo ministro ad interim in assenza di Henry, in visita in Kenya, di cui peraltro non si hanno più notizie dal primo marzo.

Da quando, cioè, il premier ha firmato a Nairobi l’accordo di reciprocità Haiti-Kenya che era stato richiesto dalla Corte costituzionale del paese africano per autorizzare il governo di William Ruto a inviare a Port-au-Prince un contingente di un migliaio di militari nell’ambito della missione multinazionale di sostegno alla sicurezza (Mmas) approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite il 2 ottobre scorso.

Una missione complessa, pericolosa e piena di insidie che sarà guidata proprio dal Kenya, con la partecipazione di Bahamas, Bangladesh, Benin e Ciad, allo scopo di aiutare la polizia haitiana a combattere le bande criminali, ma che si annuncia come l’ultima di una serie di occupazioni straniere dalle conseguenze invariabilmente nefaste per la popolazione.