Sull’onda Argentina il diritto all’aborto si allarga in America latina. Una manciata di giorni fa lo stato di Puebla, nel centro del Messico, è diventato il 14esimo a depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza nonostante dal 6 settembre 2023, con la storica sentenza della Corte Suprema, ciò dovrebbe essere realtà in tutto il paese. Emanuela Borzacchiello, ricercatrice all’Università autonoma del Messico, ci ricorda che «Puebla è uno degli stati con maggior incidenza di aborti in Messico. Secondo i dati delle attiviste femministe, nello stato l’alto numero di ivg si deve principalmente a due ragioni: l’altissima percentuale di violenza sessuale di cui sono vittima sopratutto le adolescenti (Puebla è anche uno degli stati con il più alto tasso di tratta di bambine e adolescenti non solo del Messico, ma in tutta l’America centrale). Inoltre, se donne su 10 donne che abortiscono sono disoccupate o con un lavoro iper precarizzato».

NONOSTANTE questo l’arcidiocesi di Puebla, dopo aver combattuto strenuamente contro la depenalizzazione, ha espresso profonda tristezza e grande rifiuto per l’approvazione dell’aborto fino a 12 settimane di gestazione. La Chiesa ha comunicato la prossima creazione di una campagna di comunicazione «in difesa della vita» e per far si che le donne evitino di abortire. Natalí Hernández Arias, attivista e direttrice di Cafis, ricorda che la lotta che ha portato alla depenalizzazione dell’aborto viene da lontano: il voto favorevole è arrivato alla 15esima occasione da quando nel 2007 è stata presentata la prima mozione. Il recente voto, per Natali, è «senza dubbio una vittoria per il movimento femminista di Puebla e per tutte le donne e le persone che da decenni combattono questa battaglia, nonostante i tanti rifiuti subiti negli anni. E un messaggio di speranza per gli stati in cui l’aborto deve ancora essere depenalizzato. La depenalizzazione dell’aborto a Puebla salda una parte del debito che lo stato ha nei confronti di tutte le cittadine locali che per anni hanno dovuto abortire in segreto, in silenzio, nella paura o nel senso di colpa, sottoponendosi a procedure non sicure, e anche di quelle che sono state criminalizzate e perseguitate per questa decisione. D’ora in poi, le donne e le persone con capacità gestazionale che decidono di interrompere la gravidanza sapranno di poter decidere con informazioni accurate, in libertà e di poter contare su un servizio sicuro».

L’ALLARGAMENTO del diritto all’aborto in Messico però si scontra con il fattore socio-economico evidenziato da Borzacchiello, un tema non secondario e non sempre accuratamente dibattuto. Proprio per questo la ricercatrice evidenzia come l’analisi delle motivazioni che spingono le donne ad abortire dimostri «quanto il diritto di scegliere una maternità libera e desiderata sia in relazione, sopratutto in alcuni territori, con violenze di genere come quella sessuale o la violenza in ambito lavorativo. Fare questa connessione è d’obbligo per continuare a sostenere l’interruzione di gravidanza come un diritto umano fondamentale». Una questione che si dovrebbe sempre tenere in considerazione quando si parla di libertà.
Fino al 25 settembre 2019, quando si è aggiunto lo stato di Oaxaca, era nella sola capitale di Città del Messico (dal 2007) che si poteva abortire. Ora, in meno di 5 anni più di un terzo del paese vede il riconoscimento legislativo di questo diritto.