Afrin è «un luogo idilliaco», dicono i suoi abitanti, oggi sfollati e dispersi nel resto della Siria del nord e dell’est: uliveti, frutteti, sorgenti d’acqua, campi coltivati. Dalla primavera del 2018 è un luogo disperato: dall’occupazione turca del cantone curdo all’estremo ovest della Siria, realizzata attraverso milizie islamiste raccolte sotto l’Sna (il Syrian National Army, ex Esercito libero siriano, galassia delle opposizioni islamiste a Damasco, un totale di 50mila uomini), la quotidianità dei pochi che sono rimasti è fatta di rapimenti a scopo di riscatto (346 nei primi sei messi dell’anno), torture, arresti, confische di terre, obbligo a pagare affitti...