Editoriale

Diversi ma uniti

Diversi ma unitiManifestazione Fiom - Cgil per il rinnovo del contratto di lavoro, nella foto Maurizio Landini – Roberto Monaldo / LaPresse

Una giornata particolare. Sotto un cielo nero di pioggia e di paura, tra negozi vuoti e strade semideserte. È la Roma che ha accompagnato le due manifestazioni «per la pace […]

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 22 novembre 2015

Una giornata particolare. Sotto un cielo nero di pioggia e di paura, tra negozi vuoti e strade semideserte. È la Roma che ha accompagnato le due manifestazioni «per la pace e il lavoro», quella della Fiom, per la fratellanza tra le religioni, «Not in my name», quella dei musulmani. Una capitale timorosa perché la paura ormai ha varcato le mura romane e abita nella città indicata, tra allarmi veri e fasulli, come l’obiettivo prediletto dai terroristi.

Per questo, la Fiom in piazza del Popolo e le associazioni italiane dei musulmani in piazza s. Apostoli, sono state innanzitutto una grande prova di coraggio. Coraggiosi e fieri, le donne e gli uomini musulmani insieme ai figli a dire «no al cancro terrorista» (a Roma come a Milano). E coraggiosi le donne e gli uomini del sindacato, tanto più che molte persone, come quelle che di solito si organizzano con le famiglie per le manifestazioni nazionali dei metalmeccanici, questa volta sono rimaste a casa. Perché «è normale avere paura», come ha detto il leader sindacale Maurizio Landini.

Perché è normale chiudersi in casa e rinunciare alla più elementare forma di partecipazione democratica proprio quando, guerra e crisi economica, si danno la mano per cambiare le nostre società fin nei loro fondamenti, a cominciare dalle costituzioni del Dopoguerra.

Succede oggi nella Francia ferita dal terrorismo, come potrebbe accadere domani in Europa se a farsi sentire sarà solo la voce delle bombe, e se la risposta sarà la chiusura delle frontiere. In un colpo solo torneremmo indietro d’un secolo, ai tempi dei nazionalismi, degli scontri tra gli imperi coloniali. E del resto, scendere in piazza per la pace e il lavoro, per la democrazia e la tolleranza ci spiega proprio questo: che la trincea tra progresso e barbarie è tornata ad essere la prima linea del confronto e del conflitto. In un momento storico che vede la massima estensione delle guerre e, insieme, la più grande concentrazione del potere finanziario globale.

Dal palco di piazza del Popolo hanno parlato anche due sindacaliste della Cgt, il maggior sindacato francese, allarmate per un paese trascinato «in una guerra che moltiplica morte e distruzione, impoverisce le popolazioni, alimenta il terrorismo». Hollande «sbaglia strada e la Francia – hanno ricordato – è il terzo produttore di armi dopo la Russia e la Cina».

Ieri è rientrata in Italia la salma di Valeria Solesin, la ragazza uccisa dai kalachnikov dei terroristi dell’Isis. La sua vita di cittadina europea, la sua esperienza di studio e di impegno sociale è la testimonianza forte di una generazione che rappresenta il futuro possibile. E in quel dialogo ravvicinato tra i lavoratori e i musulmani, in quelle due piazze pacifiche e partecipate, insieme alla drammaticità del momento c’erano anche gli anticorpi per resistere alla ferocia del terrorismo e al cinismo di chi, mentre si nutre di armi e di petrolio, sventola la bandiera della libertà.

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