L’impegno nelle istituzioni del microbiologo Andrea Crisanti è iniziato nello scorso ottobre, dopo le elezioni che lo hanno portato in Senato nel gruppo del Pd. Cioè pochi giorni prima che si insediasse il governo e iniziasse la carriera da ministro di Orazio Schillaci, anche lui medico e accademico di lungo corso.

Ma con una differenza che Crisanti tiene a specificare. «Quando sono diventato parlamentare, mi sono dimesso dall’università di Padova avendo valutato questioni personali e di opportunità. Nonostante fossi titolare di finanziamenti importanti, che ho ceduto ad altri colleghi».

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Una scelta insolita tra i colleghi?

Non la fanno in tanti, ma qualcuno sì. L’impegno parlamentare è incompatibile con quella di docente universitario. Gli atenei consentono di proseguire l’attività di ricerca con un’aspettativa. Portare avanti sia le ricerche che l’attività politica è complicato. Poi capita di perdere il controllo del laboratorio come capitato a Schillaci. O di risultare autore di ricerche fatte da altri.

Quando sono diventato direttore di dipartimento all’università di Padova, molti colleghi mi hanno offerto di apparire tra gli autori delle loro ricerche perché, dicevano, era la consuetudine. Io però ho sempre rifiutato di firmare lavori scientifici a cui non ho contribuito.

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Schillaci sostiene di non essere esperto sulle immagini contestate e di essersi fidato di chi le ha fatte. È una giustificazione valida?

Non funziona così. Chi firma un lavoro come co-autore è responsabile del proprio contributo e anche dell’utilizzo corretto dei propri dati da parte di altri. In più Schillaci in molti articoli contestati è il «corresponding author» (il ricercatore più esperto incaricato di presentare all’esterno la ricerca, ndr). Il «corresponding author» è responsabile dell’integrità del lavoro, cioè che sia basato su dati originali, che non contenga duplicazioni o dati e immagini già pubblicate.

Queste ricerche vengono svolte con soldi pubblici, cioè di tutti noi, e siamo responsabili della loro correttezza. Sono i valori fondanti della comunità scientifica. Infrangere queste regole espone a inchieste che possono portare al licenziamento.

Nei paesi anglosassoni o in Germania per queste cose si perde la reputazione. La carriera accademica è un privilegio ma in compenso, richiede criteri etici rigorosi: la società si aspetta di essere ripagata in trasmissione della conoscenza, cioè nella formazione, e produzione di nuova conoscenza, cioè la ricerca. Chi falsifica o non controlla viene meno a questo patto. Ovviamente nelle università non esiste un organo di polizia. Ma quando emerge qualche scandalo, le conseguenze di solito sono draconiane.

Cosa spinge un ricercatore a fare errori o addirittura a commettere frodi scientifiche?

Se la carriera scientifica e l’accesso ai finanziamenti sono legati direttamente al numero delle pubblicazioni, può sorgere la tentazione di utilizzare riviste non troppo trasparenti sulla valutazione. E infatti si è sviluppato un mercato editoriale parallelo. Ma allo stesso tempo la comunità scientifica ritiene alcune riviste più autorevoli di altre.

La ricerca invece è un processo che richiede tempo e pazienza. Bisogna avere la maturità per accettare le frustrazioni e non cercare scorciatoie. Anche perché prima o poi qualcuno se ne accorgerà. La comunità scientifica ha anticorpi che altri sistemi non hanno. Il segnale che arriva dall’importante università di Stanford (il cui rettore, il neuroscienziato Mark Tessier-Lavigne si è dimesso a causa di alcune immagini duplicate dal suo gruppo di ricerca in pubblicazioni scientifiche firmate anche da lui, ndr) è rilevantissimo. Per questo il ministro Schillaci deve chiarire ogni dubbio e non svicolare.

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Qualche consiglio al ministro?

Ognuno si regola come crede. Ma secondo me è bene portare avanti una sola attività per volta, e soprattutto non porsi in situazioni di conflitto di interesse. Se ciò che avete scoperto sarà confermato, Schillaci dovrà prendere qualche decisione.

Certo inizierebbero le verifiche da parte dell’organo competente, il Consiglio Universitario Nazionale. Ma dovrebbe essere lui per primo a prenderne atto e anticipare le conclusioni. Come ha fatto il rettore di Stanford.