La vicenda delle immagini duplicate delle ricerche del ministro della salute Schillaci non riguarda solo lui e il suo gruppo di ricerca. Quando una pubblicazione scientifica contiene gravi inesattezze significa che anche la rivista che l’ha pubblicata non ha svolto i doverosi controlli con rigore. Quelle più serie solitamente inviano gli studi proposti per la pubblicazione a due o tre esperti per una valutazione scientifica. In più svolgono alcuni controlli di base per evitare eventuali plagi o errori marchiani.

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Funzionano così quelle generaliste – Science e Nature in testa – e quelle settoriali più autorevoli come il New England of Medicine, Lancet o Cell. In questo modo, lo studio guadagna valore dall’essere stato selezionato dopo un esame attento da parte dei maggiori esperti del campo.

Ma non sempre va così. Un numero crescente di riviste, infatti, segue una filosofia più spregiudicata: pubblica ricerche a pagamento (a carico degli autori) e, in cambio, abbassa di molto il rigore con cui esamina i manoscritti.

In alcuni casi il controllo è del tutto assente e così le riviste sono delle pure operazioni finanziarie e vengono definite «predatorie».

Anche questo metodo accontenta tutti: la rivista ne riceve un beneficio economico, il ricercatore allunga il suo curriculum con nuove pubblicazioni con uno sforzo decisamente inferiore, anche se rinuncia all’autorevolezza garantita dalle riviste più serie.

A questo punto c’è da interrogarsi sul perché il ministro e il suo gruppo di ricerca abbiano preferito pubblicare i loro studi sulle riviste meno prestigiose o addirittura predatorie, come fanno i ricercatori meno qualificati.

L’International Journal of Molecular Sciences e il Journal of Clinical Medicine su cui sono apparsi gli studi controversi di Schillaci appartengono al gruppo editoriale «Multidisciplinary Digital Publishing Institute» (MDPI) stigmatizzato da molti scienziati per la sua spregiudicatezza commerciale e scientifica.

Ma è ancora più inspiegabile il motivo per cui una delle pubblicazioni sospette sia uscita nel 2020 sulla rivista Cancer Research and Reports, edita dall’editore eSciRes noto all’intera comunità scientifica come «predatorio». eSciRes pubblica – dietro pagamento degli autori – una trentina di riviste scientifiche da una modesta villetta in un sobborgo di Toronto, che risulta sede ufficiale di tutte le redazioni.

In molti casi si tratta di giornali inesistenti o quasi, compreso quello scelto da Schillaci: lo studio del ministro compare sull’unico numero di Cancer Research and Reports mai uscito, composto da soli altri quattro articoli, dopo il quale la rivista è sparita.

Nel 2020 Schillaci era rettore dell’università di Tor Vergata e nel ruolo di «corresponding author» era l’autore maggiormente responsabile dello studio. Anche senza considerare le immagini duplicate, che un esponente illustre della comunità scientifica italiana scelga di pubblicare le sue ricerche su un giornale-truffa richiede qualche spiegazione.