Docenti o candidati a vita per i concorsi della scuola. In questa situazione si trova Luisa, docente di spagnolo e attivista delle Cattive Maestre, un collettivo di docenti nato durante la mobilitazione contro la riforma della scuola di Renzi. Luisa è una dei 165 mila aspiranti ai 63.712 posti banditi per un nuovo concorso che servirà a valutare chi è già stato valutato e lavora da anni nella scuola.

Perché gli abilitati all’insegnamento sono stati esclusi l’anno scorso dalle assunzioni nella buona scuola?
Perché noi abilitati con Tfa, Pas o diplomi magistrali siamo in seconda fascia, non siamo nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) nelle quali c’erano solo gli abilitati Siss o i vincitori del concorso del 1999 che sono stati assunti.

Per il governo avete sbagliato l’anno di abilitazione?
No, abbiamo sbagliato proprio l’anno di nascita. Eravamo troppo giovani per entrare nelle Siss, cancellate nel 2008 dalla Gelmini, e abbiamo dovuto aspettare sette anni per il primo corso di abilitazione Tfa.

Perché due precari su tre non saranno assunti?
Dipende dalle classi di concorso e dai posti per regioni. Addirittura per alcune classi di concorso, come lettere o storia e geografia, la media è più alta: uno entra e quattro restano fuori. I posti sono determinati in base all’organico di fatto e non coprono tutti posti vacanti. Non sono facilmente calcolabili ma si può dire che ci sono quasi 200 mila precari che lavorano nella seconda fascia delle graduatorie e nella terza. Le procedure del concorso continuano a svolgersi nel caos più totale. Ad oggi mancano le commissioni in molte regioni, le griglie con i criteri di valutazione e i quesiti-tipo. C’è stato il caso degli accorpamenti sedi-candidati, prima pubblicati e poi rettificati. Le premesse non sono per niente rassicuranti. Tutto ci fa pensare che in realtà questo concorso è fatto per licenziare.

Ma nella pubblica amministrazione non si può licenziare.
Ma si può anche non riassumere i precari. Di fatto noi siamo a tempo determinato. Si delinea la figura del precario 40enne con tanti anni di esperienza che sarà estromesso dall’insegnamento.

Da settembre non ci saranno supplenze per queste persone?
Ad oggi non si sa nulla. Un’ipotesi di transizione non è stata ancora chiarita dal governo. Potremmo sperare solo di fare supplenze sui posti rimanenti o spezzoni di cattedra. Allo stato attuale non esistono graduatorie per idonei non vincitori. Ci toccherà aspettare tre anni e ritentare nel prossimo concorso. Continueremo a fare supplenze sperando in una fase di transizione per gli abilitati o nella riapertura delle Gae. E continueremo a chiederci se ci siamo abilitati per insegnare o per partecipare a concorsi.

Perché il concorso è stato organizzato in questo modo?
Sulla maggior parte dei precari abilitati che parteciperanno alla selezione grava il vincolo stabilito dalla sentenza europea che ha condannato l’Italia per abuso di contratti a tempo determinato. Oltre 36 mesi di lavoro, bisogna stabilizzarli. Il concorso secondo noi, è stato fatto per aggirare questa norma. Non è un caso che abbiano messo nella legge 107 il comma 131 che vieta dal 2016 la possibilità di conferire supplenze ai precari che hanno superato i 36 mesi non continuativi nella scuola. Dopo averlo fatto Renzi potrà dire di avere risolto il problema e farà campagna elettorale sulle nostre spalle. In realtà ci saranno ancora più di 100 mila persone che dovranno aspettare il prossimo concorso del 2019.

Cosa succederà allora?
Dal prossimo concorso cambieranno i sistemi di reclutamento e assunzione. I vincitori di concorso saranno assunti con un contratto di apprendistato e con l’obbligo triennale di formazione, in deroga al contratto collettivo nazionale. Alla fine dei tre anni il preside manager deciderà di assumerli nella sua scuola o di mandarli in un ambito territoriale.

Cosa significa questo cambiamento per la scuola?
L’aziendalizzazione totale. È un progetto perseguito dal 1999 con la riforma dell’autonomia di Berlinguer. Renzi porterà a termine questa strategia ventennale. Senza un confronto con la categoria e la connivenza dei sindacati confederali che su questo concorso non si sono pronunciati. La scuola diventerà a tutti gli effetti un servizio a disposizione degli utenti-clienti con un preside manager al quale verranno affidati tutti i poteri. Per noi l’introduzione dei contratti di apprendistato nella scuola sarà l’anticamera del Jobs act nel pubblico impiego.