Sabato 27 maggio alle 14,30 da piazza Esquilino a Roma partirà un corteo nazionale organizzato da 140 associazioni, sindacati, collettivi, movimenti e realtà del mutuo soccorso che hanno partecipato alla campagna «Ci vuole un reddito» contro il «decreto lavoro» deciso dal governo Meloni il primo maggio scorso. Il provvedimento ha rinominato il «reddito di cittadinanza» in «assegno di inclusione»; si accanirà contro i poveri considerati «occupabili»; aumenterà il lavoro precario con la cancellazione delle causali per il rinnovo dei contratti a termine e potenzierà i voucher. E ha varato un irrisorio taglio al cuneo fiscale per i dipendenti evitando di aumentare i salari fermi da trent’anni e taglieggiati dall’inflazione.

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LA MANIFESTAZIONE è il frutto di una paziente tessitura trasversale che dura da mesi. Condotta dal basso, in maniera autonoma, inizialmente a partire da Roma e per poi allargarsi da Napoli a Bologna e in altre città. Infine la rete dei comitati e delle associazioni ha moltiplicato le adesioni. Ci sono, tra gli altri, l’Arci; sindacati di base come Cub e le Camere del lavoro autonomo e precario (Clap); la Cgil di Roma e Lazio con le federazioni Flc, Flai, Spi, Fiom, Fillea, Nidil, Fp; reti come Fuori mercato e il Forum nazionale del terzo settore; centri sociali come La Strada o Acrobax; associazioni come A Buon Diritto, Sbilanciamoci e il Basic Income Network-Italia; movimenti come Fridays for Future. Previsti autobus da Napoli, Salerno, Caserta e dalla Puglia. Ci si muoverà da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Giovedì, a piazza Montecitorio, sarà presentata una carta dei principi.

«NON VOGLIAMO solo difendere il reddito di cittadinanza – sostiene Alberto Campailla di Nonna Roma, un banco del mutuo soccorso che affianca le famiglie in povertà nella Capitale – ma anche istituire in Italia un nuovo reddito di autodeterminazione. Diversamente dall’assegno di inclusione lanciato dal governo Meloni, una simile misura dovrebbe essere il più possibile incondizionata, e dunque libera da ricatti. E dovrebbe essere accompagnata da Welfare e servizi pubblici e dal diritto all’abitare».

OLTRE AI BENEFICIARI del «reddito di cittadinanza», e alle associazioni e ai sindacati che li affiancano, sabato in piazza ci saranno anche i movimenti per la casa, i sindacati degli inquilini, gli studenti dell’Udu e di Link che nelle ultime settimane hanno partecipato alla «protesta delle tende» contro il caro-affitti e per la modifica della norma che affida il diritto allo studio in prevalenza ai privati i quali godranno dei fondi del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr) per la costruzione delle residenze universitarie.

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IL CORTEO AMBISCE a porre «la questione sociale come questione politica». Più che su un’unica misura messianica si sta invece elaborando un punto di vista complessivo che articoli bisogni e domande diverse spesso isolate. Oltre al «reddito», c’è il salario minimo, la giustizia climatica, il diritto alla casa, la riforma fiscale e la redistribuzione della ricchezza.

MOMENTO DECISIVO è stato il varo del «decreto lavoro» deciso il primo maggio scorso dal governo Meloni. «Questo provvedimento ha siglato un nuovo patto tra l’esecutivo con le imprese – aggiunge Campailla – Ha inteso quello che chiamano «supporto per il lavoro e la formazione», ancora più workfarista di quanto era già il «reddito di cittadinanza». E ha trasformato la cosiddetta “offerta congrua” in un meccanismo che costringe i beneficiari della nuova indennità a spostarsi in tutto il paese».

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«LA MOBILITAZIONE è autonoma ed è aperta a tutti. È una prima tappa verso una mobilitazione ampia e duratura che rilanci un’opposizione sociale e una capacità di movimento delle realtà associative, collettive, e di base – sostiene Tiziano Trobia delle Clap commentando gli incontri con Pd, Cinque Stelle, Sinistra Italiana e Unione Popolare avvenuti negli ultimi giorni – Andrà verificato nel processo il modo in cui le forze non hanno votato il «reddito» e quelle che l’hanno sostenuta come una misura di Workfare la interpretano. Per noi dev’essere la più incondizionata possibile e diversa da quella prospettata dal governo».