Cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi civili, aiuti umanitari e Palestina indipendente. Xi Jinping entra con decisione sul conflitto tra Israele e Hamas, dismettendo cautela e ambiguità di altre circostanze. E lo fa durante il summit virtuale dei Brics, la piattaforma multilaterale su cui più di tutte la Cina spinge per proporre la sua visione di mondo.

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La ricetta al conflitto è la stessa proposta a più riprese dalla diplomazia cinese dopo gli attacchi del 7 ottobre, ma il discorso di Xi è ancora più chiaro e articolato. «La priorità assoluta è che tutte le parti cessino immediatamente il fuoco e i combattimenti, pongano fine a ogni violenza e attacco contro i civili». Il pensiero va subito a Gaza, dopo che il giorno prima la portavoce del ministero degli esteri Mao Ning si era detta scioccata «dagli attacchi contro i civili e i bambini» della Striscia.

Xi chiede anche di «rilasciare i civili in ostaggio», un’aggiunta rilevante che sembra tenere in considerazione le lamentele di Israele, che lunedì aveva polemizzato col governo cinese chiedendo una presa di posizione sugli ostaggi di Hamas piuttosto che sul cessate il fuoco. Xi chiede entrambe le cose, per poi esporre l’esigenza di «garantire il flusso sicuro e regolare dei canali di soccorso umanitario» e di «fermare i trasferimenti forzati, i tagli all’acqua e all’elettricità e altre punizioni collettive contro la popolazione di Gaza». Riecheggiano le parole del ministro degli esteri Wang Yi, che più volte ha accusato Israele di essere «andata oltre il diritto all’autodifesa». Non è tutto: «La comunità internazionale deve adottare misure concrete per evitare che il conflitto si espanda», dice Xi, a cui la scorsa settimana Joe Biden ha chiesto di esercitare la sua influenza sull’Iran proprio per scongiurare il rischio.

Poi arriva la parte più politica della posizione di Xi, secondo cui la «ragione fondamentale» dei problemi tra Palestina e Israele è che «i diritti del popolo palestinese alla statualità e alla sopravvivenza sono stati a lungo ignorati». Per poi ribadire la necessità di attuare la soluzione dei due stati per «ripristinare i diritti legittimi della nazione palestinese». Senza questo passo, dice Xi, «non ci sarà pace e stabilità duratura in Medio Oriente».

Il presidente cinese chiede infine la convocazione di una conferenza internazionale di pace, che si candida implicitamente a ospitare dopo che una delegazione di paesi a maggioranza musulmana ha cominciato un tour diplomatico proprio da Pechino, che a novembre detiene la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per molti un messaggio implicito agli Stati uniti sull’accresciuto ascendente cinese nella regione.

I ministri di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Indonesia e Palestina (col segretario generale dell’Organizzazione della cooperazione islamica) hanno incontrato Wang, il quale ha definito la Cina «un buon amico e un fratelli dei paesi arabi e islamici». Dopo aver officiato il riavvio delle relazioni tra Arabia saudita e Iran lo scorso marzo, la Cina dice di sostenere l’unità e il coordinamento dei paesi musulmani sulla questione palestinese.

A differenza di quanto accaduto sulla guerra in Ucraina, Pechino non ha utilizzato gli appuntamenti multilaterali per rivolgere critiche esplicite a Washington, ma Xi ha comunque sottolineato il ruolo della piattaforma Brics. «Abbiamo coordinato le nostre posizioni sulla questione israelo-palestinese, dando un buon inizio alla grande cooperazione dopo l’espansione», ha detto, alludendo all’imminente ingresso di sei nuovi membri (anche se la vittoria di Javier Milei mette in bilico l’Argentina) e alla possibilità di istituire un’agenda comune più precisa.

Oggi, invece, Xi non sarà al G20 virtuale organizzato dall’India dove è stato invitato anche Vladimir Putin. Al suo posto il premier Li Qiang, come al summit di Nuova Delhi di settembre.