«Questa nazione è stata fondata su un principio semplice eppure profondo: nessuno è al di sopra della legge. Non il presidente degli Stati uniti. Non un giudice della Corte suprema. Nessuno». È questo l’incipit dell’op ed del presidente Joe Biden sul Washington Post, in cui sostanzialmente annuncia la battaglia che contraddistinguerà gli ultimi mesi della sua presidenza, soprattutto ora che non è più impegnato nella campagna elettorale per la propria rielezione. La battaglia cioè per riformare la Corte suprema, e per fare in modo che l’immunità presidenziale quasi totale sancita dai suoi sei giudici reazionari non diventi mai effettiva. A questo scopo, Biden prospetta tre misure – «in risposta alle minacce crescenti alle istituzioni democratiche» -, di cui la prima è un emendamento costituzionale: «il No One is Above the Law Amendment», per sancire (o meglio ribadire) nella carta fondamentale che «siamo una nazione di leggi – non di re o dittatori».

Le altre due misure riguardano la Corte suprema «travolta da scandali etici», che si fa beffe «di precedenti legali radicati» (la sentenza contro l’aborto) e dell’imparzialità (la sentenza ad hoc per Trump e i rivoltosi del 6 gennaio). Biden propone di limitare i mandati dei giudici: «Gli Stati uniti sono l’unica grande democrazia costituzionale i cui più alti giudici restano in carica a vita». La riforma prevederebbe mandati della durata massima di 18 anni, e che ogni presidente possa nominare un giudice ogni due anni. Infine, Biden invoca un codice etico vincolante per i nove membri della Corte, così come accade per tutti gli altri giudici federali (una misura per la quale si è espressa favorevolmente anche la giudice della minoranza liberal Elena Kagan).

«È buon senso», scrive Biden. «Ai giudici dovrebbe essere richiesto di rendere pubblici i regali che ricevono, di astenersi da attività politiche e di ricusarsi dai casi in cui loro o i loro sposi hanno un conflitto di interesse economico o di altro genere». Il riferimento è allo scandalo per i regali e i viaggi milionari ricevuti dal giudice Clarence Thomas da parte del miliardario Harlan Crowe, all’attivismo di sua moglie Virginia nel tentativo di sovvertire il risultato elettorale nel 2020, e alle bandiere trumpiste nelle abitazioni del giudice Samuel Alito.
«Possiamo e dobbiamo prevenire l’abuso del potere presidenziale. Possiamo e dobbiamo ristabilire la fiducia pubblica nella Corte suprema. Possiamo e dobbiamo rinforzare le protezioni della democrazia