Alla richiesta di «sciopero transfemminista contro la violenza patriarcale» di Non una di meno ha risposto una variegata fetta sindacale. Se il sindacalismo di base ha da anni fissato l’8 marzo come sciopero generale, quest’anno sono arrivate le adesioni della Flc Cgil nazionale, della Fp in vari territori e la sperimentazione della Fiom di Reggio Emilia.
Dati nazionali di adesione non ce ne sono. Dalla Flc Cgil fanno sapere che qualche dato più affidabile potrà arrivare lunedì. Per la seconda volta la categoria dei lavoratori della conoscenza ha deciso di indire sciopero nazionale, la prima fu nel 2017. Una seconda volta che viene giudicata positivamente specie per la natura «particolare» della protesta.

IN CORTEO A ROMA C’ERA ANCHE un largo spezzone dei lavoratori della Funzione pubblica (Fp) con cartelli e striscioni. La Fp Cgil ha scioperato in diversi territori, tra cui Bologna, così come in Toscana, dove anche la Filcams Cgil – la federazione del terziario e commercio – ha indetto ore di sciopero.

LA SORPRESA ARRIVA INVECE da Reggio Emilia. Dove la Fiom qualche settimana fa ha deciso di «lanciare il cuore oltre l’ostacolo» prevedendo una serie di assemblee nelle fabbriche metalmeccaniche. «Abbiamo proposto uno sciopero politico – spiega il segretario cittadino Fiom Simone Vecchi – . Da troppi anni ormai la settimana intorno all’8 marzo è diventata un momento in cui tutti denunciano le disuguaglianze tra uomini e donne anche se non si vedono azioni politiche concrete per provare ad azzerarle: per questo abbiamo pensato che questa giornata dovesse tornare ad essere un momento di lotta, quindi anche di sciopero nei luoghi di lavoro. Non basta più denunciare il gap salariale, occorre rafforzare la contrattazione collettiva per ridurlo – continua Vecchi – così come non basta denunciare la disparità del lavoro di cura, occorre garantire il congedo parentale retribuito al 100% per madri e padri, per questo la piattaforma di rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici mette al centro questi temi e ci aspettiamo risposte positive dagli industriali quando le nostre rivendicazioni verranno presentata a fine marzo». Le assemblee si sono tenute in quindici aziende medio-grandi e «sono andate benissimo».

Ieri mattina la controprova: in 18 aziende della provincia di Reggio Emilia – Dana Motion System, Bucher Hydraulics, Kohler e Barbieri di Reggio Emilia, Vp Italy di Cadelbosco Sopra, Pa di Rubiera, Smeg di Guastalla, Immergas di Lentigione, Re.Vi.Fa di Fabbrico, Nem di Quattro Castella, Mbm di Luzzara, Corisit di Reggiolo, Mta di Rolo, Bosch Rexroth di Vezzano, Spal Automotive, Snap On di Correggio, River di Brescello e B810 di Reggio – c’è stata grande adesione, con punte del 100% per lo sciopero delle due ultime due ore del turno con presidio alle 11 davanti ai cancelli della Dana. «Migliaia di persone hanno scioperato rivendicando parità di trattamento salariale, luoghi di lavoro in cui per le donne non vi sia il più rischio di essere vittime di molestie, e lo hanno fatto per mandare un messaggio alle istituzioni, alla politica, a tutte le colleghe e i colleghi delle altre aziende reggiane: “l’otto marzo tifiamo rivolta! meno mimose e più equità”.
«È un evento storico – commenta Vecchi – abbiamo aperto un fronte nuovo e il successo ci dà la consapevolezza che gli operai sono molto sensibili al tema della parità: a parte la Pa di Rubiera dove le donne sono la maggioranza, nelle altre aziende a scioperare sono stati i maschi per cambiare il sistema».

USB, CUB, USI, SLAI COBAS E ADL Cobas hanno invece indetto lo sciopero generale, seguendo Non una di meno. «Lo sciopero femminista contro la violenza patriarcale in tutte le sue forme. Non uno sciopero ‘classico’ dunque, ma uno sciopero dal lavoro salariato e gratuito, dal lavoro di cura, dai ruoli di genere e da tutte le attività quotidiane per interrompere la normalità in ogni luogo dove la violenza del patriarcato agisce e si riproduce: nelle case, sui posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei servizi e nella sanità, nelle strade e nelle piazze». Molte le bandiere dei sindacati nelle tante manifestazioni lungo la penisola.

Molto partecipata la manifestazione delle educatrici ed insegnanti di Roma capitale che l’Usb ha portato sotto palazzo Vidoni – sede del ministro della Pa – ieri mattina con centinaia di manifestanti precarie da molti anni che chiedono la proroga delle graduatorie uniche per supplenze ed assunzioni e una deroga ai limiti di spesa per le stabilizzazioni. Si tratta di oltre 5.000 precari – in stragrande maggioranza donne – che senza questa proroga rischiano di essere licenziate. Sono poi arrivate in corteo, anticipando l’arrivo del corteo di Non una di meno sotto il Miur.