Nella corsa verso il von der Leyen bis ci sono due strade che procedono in parallelo. Sulla prima transitano le trattative che la presidente della Commissione sta conducendo con tutti i gruppi politici europei e il suo orizzonte è il voto del 18 luglio a Strasburgo. Sull’altra passa la messa a punto dei nomi e dei ruoli dei componenti del prossimo esecutivo, da parte di tutti i governi europei, Roma compresa. Sono separate, ma si intrecciano almeno nel senso che se il von der Leyen bis morisse senza maggioranza all’Eurocamera – eventualità che lei sta provando a scongiurare ad ogni costo -, ogni discorso sulle caselle dell’esecutivo Ue diventerebbe a dir poco secondario.

Il fatto è che «il dialogo tra von der Leyen e Meloni al momento è interrotto», sostiene Massimiliano Salini, eurodeputato di Fi e vicepresidente del Ppe. Il manifesto lo ha contattato mentre si trovava a Cascais, in Portogallo, dove il partito dei cristiano-democratici europei ha chiuso ieri la sua convention. Presenti il capogruppo Manfred Weber e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Tra von der Leyen e Ecr si è svolto un in incontro nei giorni scorsi, «ma non ha sortito alcun accordo politico», osserva ancora Salini. Una dichiarazione che va letta insieme a quella resa dal capodelegazione FdI Carlo Fidanza, quando ha chiarito che non ci sono le condizioni per un sostegno alla presidente della Commissione. «In questo momento non abbiamo ancora un documento programmatico da parte di Ursula von der Leyen». ha precisato ieri al termine delle giornate di studio dei Conservatori a Siracusa, in Sicilia. «Né abbiamo avuto una richiesta di avviare negoziati, come è invece avvenuto per i Verdi».

I Verdi, appunto. Von der Leyen ha sulla carta circa 400 voti sui 361 necessari per ottenere l’incarico: un margine troppo stretto per metterla al sicuro nel voto segreto. Se ad oggi sui 24 consensi FdI non si può contare, perché non puntare sul soccorso green, forte dei suoi 54 voti? «La sintesi delle giornate di Cascais è lineare: l’accordo con i Verdi non ci sarà», taglia corto Salini, che definisce il no all’alleanza con la componente ecologista una condizione imprescindibile, che la stessa leader dei popolari ha ben presente. «Tramontata l’ipotesi dell’allargamento agli italiani di Ecr, non si può riparare con chi è antitetico alle nostre priorità politiche». Da tener presente: tutto questo ha un prezzo: «Ebbene percorreremo la strada più stretta», conclude Salini.

Ora, è vero che una parte la Balena Bianca europea – soprattutto alcune delegazioni nordiche – sono più inclini a un’eventuale intesa con gli ecologisti, mentre altri, tra cui proprio Fi, non lo sono affatto. È vero al tempo stesso che il fuoco di sbarramento della maggioranza del Ppe è forte. Unica opzione praticabile, in questo scenario, quella di un voto dei Verdi aggiuntivo e senza contropartita. La strada strettissima, per von der Leyen, è quella di come ottenere una maggioranza ampia a prova di franchi tiratori. Anche dentro il proprio partito.