Parola d’ordine: tirate per la giacchetta Von der Leyen. A quindici giorni dal voto decisivo che nell’Aula di Strasburgo dovrà definire i contorni della maggioranza che sosterrà il prossimo ciclo politico, l’esponente della Cdu tedesca si trova stretta tra richieste politiche di segno opposto. Ieri è stata la giornata dei Verdi, per nulla rassegnati a lasciar scivolare verso destra l’esecutivo europeo, e anzi pronti a rilanciare sul Green Deal.

A sostenere l’allargamento della maggioranza al gruppo ecologista è stato ieri Bas Eickhout, europarlamentare olandese e co-presidente dei Greens. Von der Leyen «sta facendo un gioco pericoloso» sostiene Eickhout. «Iniziando a ‘fare shopping’ nell’Ecr può guadagnare 25 voti», ovvero quelli di FdI, «ma rischia di perderne 20 nell’S&D», dice riferendosi all’eventuale imbarazzo dei deputati Pd a votare insieme ai meloniani. La campagna acquisti, ragiona ancora il leader dei Greens, può generare esiti imprevedibili, mentre se von der Leyen «costruisce una coalizione ampia con i gruppi politici, ha buone chance di essere eletta». Oltretutto va ricordato che l’elezione della Commissione non si chiude nel giorno del voto di fiducia a Strasburgo, Quindi, argomenta Eickhout, dato che «la maggioranza deve essere stabile non solo il 18 luglio, ma anche dopo», l’unica garanzia di stabilità è quello di un patto costitutivo, e magari anche di legislatura, con gli ecologisti.

In questi giorni decisivi prima del passaggio parlamentare, la presidente della Commissione incaricata dal vertice dei leader europei a fine giugno prosegue il dialogo con i gruppi politici. L’appuntamento con i Verdi è arrivato lunedì pomeriggio, dopo quello con Ppe e socialisti. «Incontro costruttivo» lo definisce la co-leader dei Verdi, la tedesca Terry Reintke, dal social X. I Verdi fanno sapere che sono stati discussi vari temi: intanto quello per loro più importante, ovvero la transizione ecologia. E poi competitività, stato di diritto e diritti umani. Così il dialogo è avviato e potrebbero esserci altri appuntamenti in agenda. «Se dobbiamo lavorare insieme e costruire una maggioranza stabile e democratica nel Parlamento europeo, noi siamo pronti», ribadisce Reintke.

Il tentativo di seduzione dei Verdi verso la leader tedesca non è nuovo. Una volontà non indebolita dalla disfatta numerica il 9 giugno – circa 20 seggi persi a Strasburgo a causa dei cattivi risultati principalmente in Germania e Francia, anche se con l’Italia in controtendenza – che farebbe di sicuro piacere alla componente di sinistra dell’alleanza, quella dei socialisti. Peraltro, il più grande paese con un governo in carica di sinistra dopo la Germania, ovvero la Spagna, indicherà quasi certamente l’attuale ministra della transizione ecologica Teresa Ribeira per il ruolo di commissario a Bruxelles. L’idea è quella di portare avanti il Green deal, o sarebbe meglio dire quel che ne resta. Un progetto che era stato disegnato nel primo esecutivo von der Leyen dal suo vice, il socialista olandese Frans Timmermans.

Che la presidente della Commissione sia «a favore del Green deal», lo assicura di nuovo Eickhout uscendo ieri dalla riunione all’Eurocamera, a cui ha partecipato la stessa presidente della Commissione. Von der Leyen ha sottolineato che è una priorità, anche se il suo partito non è mai stato chiaro su questo. Il partito, appunto. In contemporanea il Ppe, dal suo congresso in Portogallo, cannoneggia le politiche ambientali dell’Ue. La bozza del documento finale, che contiene le proposte di lavoro per la Commissione, contiene tra l’altro la richiesta di stop all’attuazione della direttiva sulla responsabilità delle multinazionali (anche conosciuta con l’acronimo Csddd), il rinvio del regolamento sulla deforestazione e della fine dei motori termici a partire dal 2035. Insomma, una transizione ecologica riveduta e corretto alla luce dei desiderata delle lobby agricole, industriali e del settore automobilistico, a cui i Popolari sono da sempre attenti.