La rielezione di Roberta Metsola a presidente del parlamento europeo, al primo scrutinio, non è stata certo una sorpresa. La maggioranza in suo favore, 562 sì, è stata invece da record. Gli eurodeputati, al primo giorno della nuova legislatura, hanno come compito quello di eleggere le cariche interne per i prossimi due anni e mezzo. Però, in realtà, pensano soprattutto all’appuntamento di domani, quando avranno nelle loro mani la decisione sugli equilibri futuri dell’Ue: starà a loro dire un sì o un no a Ursula von der Leyen. Da parte sua, la presidente della Commissione, impegnata nell’impresa della propria sopravvivenza politica, è alle prese con la complicata composizione del puzzle della nuova maggioranza, tra risposte attese ma ancora pendenti e veti incrociati.

PER LA PRESIDENZA dell’Aula, Metsola era appoggiata praticamente di tutti. In suo favore si è espressa anche una larga maggioranza di Ecr, meloniani inclusi, e per Metsola ha votato anche la Lega. La Ppe maltese sembra ormai aver fatto dimenticare il passato di anti-abortista ed è ampiamente apprezzata per il suo ruolo istituzionale, ma resta comunque espressione della famiglia cristiano-democratica. Unica alternativa in campo nello scrutinio di ieri, la candidata del gruppo Left, la spagnola Irene Montero di Podemos. Una candidatura simbolica, la sua, per marcare la distanza su immigrazione, Green deal e Gaza di una sinistra di opposizione che ha raccolto comunque 61 consensi, ovvero sensibilmente di più di quanti il gruppo ne esprime.

Nel pomeriggio di ieri si è anche votato per i 14 vicepresidenti dell’Aula. Rieletta la dem Pina Picierno, ma non più al primo posto, dove si è collocata la Ppe tedesca Sabine Verheyen, già relatrice della legge quadro europea sulla libertà dei mezzi d’informazione. Tra i nuovi vice arriva per Ecr anche Antonella Sberna, in quota FdI. Viterbese, classe 1982, Sberna ha posizioni antiabortiste ed è vicina ad Arianna Meloni, sorella della premier.

LA GIORNATA ERA INIZIATA con l’incontro tra Ecr e la presidente della Commissione in una sala dell’Eurocamera. «Un’ora intensa» si era limitata a dire von der Leyen uscendo dalla riunione, mentre il co-presidente del gruppo Nicola Procaccini aveva avvertito i giornalisti: «Oggi non succede nulla», che tradotto significa: la decisione finale arriverà da Roma. Dai volti tesi degli eurodeputati FdI si capiva in effetti che sull’appoggio all’Ursula-bis la sintesi non si è raggiunta. Carlo Fidanza, capodelegazione FdI, prende la parola per primo con von der Leyen per chiedere «un radicale cambio di passo su Green deal».

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L’inconcludenza dell’incontro a Strasburgo va di pari passo con lo stallo in cui Meloni si trova, a poche ore dall’appuntamento decisivo per l’Ursula-bis. All’interno del gruppo dei Conservatori, le altre delegazioni hanno già preso una posizione: appoggio da parte dei tre eurodeputati che fanno capo al premier ceco Petr Fiala, mentre parla di «risposte di von der Leyen alle nostre domande» che «sono andate nella giusta direzione» l’eurodeputato Johan Van Overtveldt della Nuova alleanza fiamminga (N-va), partito di governo in Belgio. Plausibilmente, a favore dell’Ursula-bis si esprimeranno quindi anche i tre deputati dell’N-va, mentre le delegazioni polacca, francese e romena in Ecr hanno annunciato il loro no.

Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen, foto Ap

All’interno del perimetro della maggioranza sono ormai dati anche i Verdi. Ma per tenere dentro l’Ursula-bis la componente degli ambientalisti, non tutte le questioni sono risolte, anzi. «Poniamo come condizione a von der Leyen che non ci siano accordi con Ecr e con i Patrioti», dichiara al manifesto Leoluca Orlando, eletto in Avs e confluito nei Greens. Con i suoi 77 anni e una lunga carriera politica, Orlando è il più senior tra i nuovi arrivi all’Eurocamera. «Per dare il voto a von der Leyen chiediamo un accordo politico che accolga i nostri punti: coerenza rispetto al Green deal, impegno contro i sovranismi». I Verdi, continua, attendono una risposta entro domani dalla presidente della Commissione. E il Ppe che ha posto il veto ad ogni rapporto strutturato con i Greens? «Non si può pretendere che si voti senza garanzie politiche», taglia corto Orlando.

«PER NOI È EVIDENTE che in maggioranza non possono entrare, ma in ogni caso a loro andrà una commissione parlamentare in più», rivela una fonte del Ppe, insistendo sulla possibilità di appoggio esterno da parte dei Greens. Non senza contropartita. L’esclusione dei Patrioti dalla redistribuzione delle cariche parlamentari lascia vuoti due tasselli, uno dei quali, la commissione Cultura, dovrebbe andare agli ecologisti.