Una banda musicale esegue l’inno alla gioia davanti all’ingresso del Parlamento europeo di Strasburgo, mentre sventola la bandiera a dodici stelle: è l’apertura di rito per l’inizio della legislatura. Stamattina l’Aula si riunisce per la sua prima seduta costitutiva, però i nodi politici sono tutt’altro che sciolti.

Proprio per questo già ieri, in un pomeriggio che precede l’avvio dei lavori senza alcun appuntamento formale, Ursula von der Leyen era nella capitale alsaziana. A caccia di voti, ovunque sia possibile trovarli. Per ascoltare e provare a convincere anche chi è lontano, perfino antitetico rispetto alle politiche messe in atto dalla Commissione e dalla maggioranza Ursula, come il gruppo della Sinistra (Left). E poi stamattina, sempre a Strasburgo e giusto un’ora prima dell’insediamento ufficiale dell’Eurocamera, è fissato l’incontro con Ecr: un appuntamento decisivo per sapere se e in che forma una parte del gruppo, compresi i 24 eurodeputati di FdI, favoriranno o contrasteranno l’eventuale nascita dell’Ursula bis.

Durante il lungo incontro – quasi due ore – con gli eurodeputati più a sinistra dello spettro politico, la presidente della Commissione ha ribadito che «non ci sarà alcun accordo strutturale con Ecr». Un’affermazione non nuova e non sorprendente, ma che al tempo stesso vuol dire anche il suo contrario. Ovvero: potrebbe essere Ecr a sostenere l’Ursula-bis, e sarebbe un appoggio ben accetto, oltre che utile nella difficile battaglia per la maggioranza assoluta. Ma le convergenze con Left si fermano qui. «Nonostante von der Leyen affermi che ’se restiamo uniti possiamo superare queste crisi e possiamo ottenere risultati’, promuovere l’austerità a spese della vita delle persone, arretrare sulla giustizia climatica e aprire le porte all’estrema destra non è l’Europa che vogliamo», sintetizza via social il gruppo al termine dell’incontro, confermando il suo no convinto all’Ursula-bis.

Gli eurodeputati della Sinistra – che comprendono gli eletti in Avs Salis e Lucano e gli otto esponenti M5S, appena arrivati – si sono confrontati in modo diretto sul Green deal, la situazione a Gaza, i diritti dei lavoratori. Particolarmente dura la contestazione a von der Leyen sull’argomento migrazione. Dell’approccio europeo è stata contestata la tendenza all’esternalizzazione delle procedure di accoglienza, così come il trattamento. Nonostante la distanza sul contenuto e la durezza del confronto, ambienti di Left fanno anche notare come la leader tedesca, pur consapevole delle differenze, non si sia sottratta al dialogo ed abbia comunque tentato di sottolineare la condivisione di alcuni valori, dall’europeismo al sostegno all’Ucraina.

Piccolo giallo invece sulla questione Vannacci. Il generale leghista arriva alla riunione del gruppo dei Patrioti con un certo ritardo e al termine sguscia via dai giornalisti. Al suo posto parla invece la collega Susanna Ceccardi, che taglia corto: «Avevamo già deciso e come l’altra volta nessuno ha avuto niente da ridire. Resta quindi al suo posto».

Insomma, il generale rimane uno tra i sei vice di Jordan Bardella? Molto più interlocutoria la risposta del capodelegazione di Rn, Jean-Paul Garraud, che aveva per primo sollevato la questione. Garraud sottolinea: «Avremo ancora un dibattito». Poi spiega: «Non ne abbiamo parlato molto, perché il signor Vannacci doveva essere presente alla riunione del bureau del gruppo ma è arrivato in ritardo». Ma dal grande imbarazzo delle risposte dei Patrioti, si capisce che il caso non è chiuso.