A voler trovare qualcosa di buono nello straordinario aumento del costo della carta, per il quale da tempo gli editori di mezzo mondo lanciano appelli disperati (il più recente è di ieri, e viene dall’Adei l’associazione che in Italia riunisce le case editrici indipendenti), potremmo dire che forse finalmente il numero di novità in uscita calerà. E che – di nuovo forse – si attenuerà quella corsa verso il bestseller ad ogni costo, accelerata negli ultimi due decenni dalla linea del Grow big fast sostenuta e promossa dallo strapotere di Amazon (è questo il tema di un saggio recentissimo, Chokepoint Capitalism: How Big Tech and Big Content Captured Creative Labor Markets and How We’ll Win Them Back, di Rebecca Giblin, docente alla Melbourne Law School, e del noto scrittore canadese di fantascienza Cory Doctorow, di cui il sito LitHub ha pubblicato nei giorni scorsi un’ampia anticipazione).

Il rischio forte, però, è che a soffrire degli effetti di questa crisi violentissima, più delle majors, che continuano a prosperare e a inghiottirsi l’un l’altra, siano invece proprio le case editrici più piccole, incapaci di sostenere gli aumenti a catena dei prezzi che la crescita del costo della carta (si parla di un +51 per cento) comporterà. Senza contare che in uno scenario dove i libri saranno sempre più costosi, il numero degli acquirenti, e quindi dei lettori, tenderà a calare.

Insomma, quello che appare sicuro è che il clima della Buchmesse di Francoforte, la più importante fiera libraria nel mondo, in programma dal 19 al 23 ottobre, sarà tutt’altro che gioioso, a dispetto della fine della pandemia  (ma sarà poi vero?) e del piacere di ritrovarsi numerosi in presenza dopo due edizioni nelle quali gli incontri si sono tenuti in tutto o in parte online. Ma i riti, si sa, vanno rispettati, soprattutto per l’Italia che nel 2024 sarà l’ospite d’onore e a questo appuntamento si prepara da tempo, come del resto ha fatto la «desbordante» Spagna, il paese in vetrina nell’edizione di quest’anno.

«L’editoria, e più in generale la cultura italiana, può trovare in Francoforte lo strumento per farsi conoscere ancora meglio in tutta Europa e in tutto il mondo nei prossimi anni», ha dunque dichiarato con ostentato ottimismo Ricardo Franco Levi, presidente dell’Aie, l’associazione italiana editori, annunciando che alla Buchmesse 2022 le case editrici provenienti dal nostro paese saranno ben 147, di cui 76 raccolte nello spazio collettivo organizzato appunto dall’Aie. Quale sia davvero la situazione, però, lo si saprà il primo giorno della kermesse quando, come ogni anno, l’ufficio studi dell’associazione presenterà il suo rapporto sullo stato dell’editoria italiana.

Eppure, nonostante i motivi di preoccupazione non manchino, alla vigilia della fiera di Francoforte si inasprisce la caccia per acquisire i diritti dei titoli più prelibati. Ne dà conto Porter Anderson su Publishing perspectives, segnalando alcuni testi che hanno già attirato l’attenzione delle case editrici di diversi paesi: è il caso di Folk som sår i snö («Quelli che seminano nella neve”) della svedese Tina Harnesk, bibliotecaria riconvertita in romanziera, pubblicato dalle edizioni Bokfabriken di Malmo e già venduto in una dozzina di paesi (in Italia se l’è accaparrato Piemme) o del saggio Moral. Die Erfindung von Gut und Böse, una «grande storia dei nostri valori morali universali nel momento, forse, della loro massima crisi». firmata da Hanno Sauer, che insegna filosofia all’università di Utrecht (l’asta, per quanto riguarda i diritti in Italia, è ancora in corso).

Titoli interessanti, almeno sulla carta. Ma, a proposito di carta, ce ne sarà per stamparli? E ci saranno i lettori per leggerli?