Sarà l’estate in arrivo, sarà la lunga compressione imposta dalla pandemia, sta di fatto che la sensazione è di essere entrati in una fase di sovreccitazione e iperattività, a dispetto degli scenari globali, deprimenti sotto ogni punto di vista. Di certo è così per l’editoria, dove il rapporto globale 2021 sul mercato delle vendite librarie, pubblicato la settimana scorsa, segna dati in aumento, e dove in particolare il segmento degli audiolibri, già cresciuto molto negli ultimi anni, pare destinato a un ulteriore boom, dopo l’annuncio dell’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek, deciso a raggiungere i 100 miliardi di dollari di fatturato nel prossimo decennio e a espandersi appunto nel settore dei «libri con le orecchie», sfidando l’arcirivale Amazon.

Su Axios Sara Fischer riferisce che la manovra è già cominciata con l’acquisizione da parte di Spotify di aziende produttrici di audiolibri. Ma le ambizioni sono ben maggiori: «Oggi gli audiolibri rappresentano un mercato globale di circa 10 miliardi di dollari. Ek prevede una crescita fino a 70 miliardi di dollari, con Spotify che ne detiene una grossa fetta».

Di questa atmosfera sovreccitata è stata una dimostrazione qualche giorno fa anche la presentazione della Spagna come ospite d’onore per la Buchmesse 2022, iperbolica già nel motto scelto per celebrare l’avvenimento: Creatividad desbordante, «creatività straripante». A sostenere questa inondazione creativa, saranno circa duecento persone (fra scrittori, traduttori, illustratori, editori, agenti letterari, librai e distributori) a comporre in ottobre la delegazione spagnola a Francoforte. Quasi un battaglione, capitanato dal romanziere Antonio Muñoz Molina e dalla saggista Irene Vallejo che – semisconosciuta tre anni fa – ha conquistato ovunque lettrici e lettori con El infinito en un junco, una storia del libro nel mondo antico pubblicata in Italia da Bompiani con il titolo Papyrus e tradotta in più di trenta lingue, il classico caso del best seller a sorpresa che scalda il cuore del pubblico e delle case editrici.

Di fatto, però, questa presenza desbordante alla Buchmesse, a trentun anni dall’ultima edizione in cui la Spagna era stata paese ospite a Francoforte, è solo la punta dell’iceberg di un’azione avviata dal governo spagnolo già nel 2019, non appena è stato siglato l’accordo per la nuova «vetrina d’onore». Scrive infatti Porter Anderson su Publishing Perspectives che «in quello stesso anno il ministero della cultura e dello sport ha aumentato il budget per le sovvenzioni alla traduzione di quasi il 45%», mentre da parte sua «la Acción Cultural Española ha lanciato un programma specifico incentrato su cinque mercati strategici: tedesco, inglese, francese, italiano e olandese».

In cifre, le sovvenzioni erogate per promuovere la presenza della letteratura spagnola in campo internazionale, e in particolare su questi mercati europei, sono state di due milioni e mezzo di euro, che vanno man mano prendendo la forma di centinaia di libri – per lo più narrativa, ma anche poesia, testi per ragazzi, graphic novel, saggistica – tradotti nelle varie lingue del programma.

Senza dimenticare, naturalmente, il tema oggi centrale della diversità, che in Spagna assume coloriture precise: non a caso il direttore della Fiera di Francoforte, Juergen Boos, ha sottolineato che la presenza spagnola alla Buchmesse si declinerà anche attraverso gli stand delle Comunidades Autonomas di Catalogna, Valencia, Euskadi, Galizia, Andalusia e Asturie.
Un programma da seguire e per l’Italia forse da copiare, visto che il nostro paese sarà l’ospite d’onore alla Buchmesse nel non lontano 2024. Se il motto sarà altrettanto straripante, però, non si sa ancora.