Venerdì 13 ottobre gli studenti scioperano contro l’alternanza scuola-lavoro
Precariato "Non siamo più disposti a fare fotocopie o portare caffè durante il progetto di tirocinio. Siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese"
Precariato "Non siamo più disposti a fare fotocopie o portare caffè durante il progetto di tirocinio. Siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese"
Venerdì 13 ottobre gli studenti torneranno in piazza in tutto il paese per protestare contro l’esperimento sociale dell’alternanza scuola-lavoro imposta dalla “Buona scuola” di Renzi. Si tratta di tirocini gratuiti nelle aziende e nel pubblico obbligatori che rientrano anche nella valutazione dell’esame finale della maturità.
“L’alternanza scuola-lavoro – spiega Francesca Picci (Unione degli Studenti) – presenta delle contraddizioni evidenti: dal costo dei trasporti e dei percorsi, all’inconguenza formativa, fino ad arrivare allo sfruttamento del lavoro gratuito”.
Da un’inchiesta condotta dall’Uds è emerso che il 57% degli studenti frequenta percorsi di alternanza non inerenti al percorso di studi e al 40% di studenti sono stati violati i diritti sul luogo di lavoro; il 38% degli studenti ha dovuto sostenere delle spese per sostenere le ore obbligatorie e la maggior parte degli studenti vorrebbe decidere sul proprio percorso di alternanza. Uno su tre ha addirittura pagato per partecipare al programma.
Per gli studenti l’alternanza è un’educazione alla precarietà: “La impariamo a partire dal terzo anno di scuola superiore con le 200 ore obbligatorie di alternanza per i licei e le 400 ore per gli istituti tecnici e professionali – spiegano – La impariamo a partire dalla divisione delle ore tra licei ed istituti che classifica ingiustamente gli indirizzi di studi; la impariamo dall’assenza di tutele e di uno statuto dei diritti che garantisca qualità e gratuità dei percorsi di alternanza che intraprendiamo”.
Alle manifestazione del 13 ottobre si uniranno anche gli universitari. Il coordinamento Link ha promosso l’inchiesta “Formazione Precaria” sui tirocini degli studenti universitari. “L’inchiesta parte dopo svariate denunce nell’ambito di progetti di tirocini curriculari, entrati nel linguaggio comune come stage, che da tempo raccogliamo tra studenti e studentesse” sostiene Andrea Torti coordinatore di Link coordinamento universitario.
Il numero totale dei tirocini in Italia supera le 143 mila unità con una larga progressione negli ultimi anni. Nel giro di meno di 5 anni i tirocini sono aumentati del 116 per cento. Risulta evidente la distorsione nell’utilizzo, per cui ci si avvale spesso della manodopera di studenti tirocinanti in sostituzione di personale qualificato e contrattualizzato.
“Non esiste uno statuto che garantisca i nostri diritti, malattia, maternità, tutor universitario e aziendale, un rimborso spese, la compatibilità con gli esami o con l’orario di lezioni se previste nello stesso semestre. – aggiunge Andrea Torti, coordinatore di Link Coordinamento Universitario – Inoltre dentro ai nostri Atenei e dipartimenti non esistono commissioni paritetiche che monitorino in più fasi (iniziale, in itinere, ex post) il controllo della coerenza tra progetto formativo e attività svolte e che definiscano criteri per l’accreditamento degli enti ospitanti dove si pratica il tirocinio, come il rispetto della compatibilità ambientale e dei diritti dei lavoratori.
Un anno fa un monitoraggio promosso da Cgil, Flc Cgil e Rete degli Studenti Medi, realizzato dalla Fondazione Di Vittorio ha evidenziato gli elementi problematici dell’alternanza. Il sistema – da quest’anno obbligatorio per tutti gli studenti delle superiori – aveva ancora un carattere occasionale. Un ragazzo su quattro era fuori da percorsi di qualità, il 10% aveva partecipato solo a attività propedeutiche, il 14% solo a esperienze di lavoro. Nell’80% dei casi queste esperienze erano state fatte d’estate, quando l’attività didattica è sospesa.
La stragrande maggioranza di queste attività è nata in modo episodico e non risponde a una progettazione pluriennale. Il 90% dei giovani è stato ospitato in piccole o microimprese: il 50% fino a 9 dipendenti e il 40% sotto i 50 lavoratori. Questo non aiuta il controllo sul valore formativo dell’esperienza, come non aiuta il fatto che non siano stati definiti criteri e procedure di accreditamento delle capacità formative delle strutture ospitanti.
“Non siamo più disposti a fare fotocopie o portare caffè durante il progetto di tirocinio – sostiene Torti – siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese”
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