Dall’ingresso principale della Corte penale di Manhattan l’arrivo di Donald Trump è rivelato solo dal rumore degli elicotteri in volo sopra Centre Street al seguito del suo convoglio proveniente dalla Trump Tower, poi l’ex presidente entra nell’edificio da una porta posteriore. Esattamente come un anno fa, quando nella stessa corte si decideva la prima incriminazione nella Storia di un ex presidente degli Stati uniti. E ieri quel processo ha avuto inizio – ancora una volta il primo, e forse l’unico, ad arrivare al dibattimento prima delle elezioni di novembre dei quattro processi penali che pendono sulla testa di Trump.

Lo precede al quindicesimo piano dell’edificio il procuratore distrettuale Alvin Bragg, che ha stilato i 32 capi di imputazione per falsificazione dei libri contabili allo scopo di nascondere i pagamenti all’ex avvocato di Trump Michael Cohen – ora testimone dell’accusa – e alla ex pornodiva Stormy Daniels per occultare, durante la campagna elettorale del 2016, la liaison che l’attrice sostiene di aver avuto con il tycoon.

L’udienza di ieri è stata dedicata alla selezione della giuria, probabilmente si andrà avanti tutta la settimana per scegliere i 12 giurati fra circa 500 persone convocate – ieri mattina formavano un’immensa fila lungo la strada per entrare in tribunale.

Donald Trump
È un assalto all’America, sono orgoglioso di essere qui. È una persecuzione politica
Il giudice Juan Merchant
Non c’è alcun secondo fine qui

MA LA GIORNATA era cominciata molto prima del sorgere del sole, quando le forze dell’ordine hanno isolato le strade adiacenti alla Corte e decine di televisioni hanno preso il loro posto lungo Centre Street, mentre arrivavano alla spicciolata i primi manifestanti: una donna con uno striscione con scritto «condannatelo una buona volta» e un uomo con dei cartelli che paragonano Trump ad Al Capone. Da una bodega con vista sul tribunale un uomo solitario seduto al tavolo guarda lo spettacolo e chiede minaccioso ai giornalisti di passaggio: «Quando smetteranno di cercare di incastrarlo?»

Gli fa eco lo stesso Donald Trump, quando prima di entrare in aula tiene un breve discorso senza rispondere alle domande dei giornalisti: «È un assalto contro l’America. Per questo sono orgoglioso di essere qui». «È una persecuzione politica». Anche per lui la giornata è iniziata presto: nel cuore della notte ha iniziato a inondare il suo Truth Social di post contro le “interferenze elettorali” della “sinistra radicale”, e in particolare contro il giudice Juan Merchan, che presiede il processo.

Proprio Merchan ha aperto l’udienza di ieri rifiutando di ricusarsi, come chiedeva la difesa di Trump in un ennesimo tentativo di far slittare il processo, accusandolo di conflitto di interessi perché sua figlia ha un contratto di consulenza con il partito democratico. «Non c’è nessun secondo fine qui», ha dichiarato il giudice.

La sequela di post è continuata anche durante l’udienza, rivoltandosi contro l’ex presidente: i suoi insulti contro Stormy Daniels e Michael Cohen violano un’ordinanza restrittiva imposta da Merchan che vieta a Trump di attaccare i testimoni, la procura, i giurati e il personale della Corte.

L’INIZIO DELLA SELEZIONE della giuria è stata ritardata per ore dalla discussione delle mozioni dell’ultimo secondo del team legale – altra tattica di stallo -, come il tentativo di escludere le testimonianze sul National Enquirer, il tabloid di cui secondo l’accusa Trump si è servito per controllare la narrativa della sua campagna elettorale del 2016. Mozione rigettata da Merchan come la maggior parte di quelle presentate da Todd Blanche insieme agli altri legali dell’ex presidente: i giurati potranno leggere una trascrizione dell’ormai celebre video di Access Hollywood – quello di «grab them by the pussy».

Infine si è riusciti a venire al dunque e la selezione ha avuto inizio, il primo gruppo di 96 giurati è stato ammesso in aula, dando il via ufficialmente al processo. Come scrive il New York Times, per la difesa di Trump si tratterà di trovare, fra centinaia di cittadini di Manhattan, «l’ago rosso (repubblicano) nel pagliaio blu (democratico)».

FUORI SI INGROSSAVA sempre più il numero dei manifestanti, con l’arrivo anche dei sostenitori del tycoon e le loro bandiere – Trump 2024, Trump or Death e, più inquietante di tutte: Trump 2028. «Keep America Trump Forever» ci urla l’uomo che la sventola. Sostenitori di Trump e democratici si mischiano nella piazza antistante al tribunale, ci sono scambi di provocazioni ma regna principalmente una strana calma.

A fare numero, in fondo, sono soprattutto i giornalisti che si aggirano fra i manifestanti – una migrante delle Barbados che vuole scacciare gli “illegali”, un uomo vestito con la bandiera americana che si fa un live streaming mentre in decine chiedono le sue dichiarazioni, un altro che illustra la salutare propensione dell’ex presidente per le belle donne – in un’ipnotica ripetizione della normalizzazione, o della riduzione a freak, della minaccia trumpista.