Più che una trattativa uno scaricabarile tra governo e azienda. Il tavolo Stellantis di ieri mattina ha confermato le (pochissime) attese: nessuna novità sul merito del fantomatico patto sulla transizione ecologica con l’azienda a comando francese. Una novità di metodo però c’è stata ed ha creato un vero polverone. In videoconferenza con i soli sindacati (più Regioni che ospitano stabilimenti) il ministro Adolfo Urso ha ammesso che la bissata assenza dell’azienda – paradossale al tavolo che porta il suo nome – è dovuta alla volontà di Stellantis di non trattare in primis con quei cattivoni della Fiom e della Cgil, che difatti sono ancora in regime di apartheid contrattuale.

Le parole in esplicito del comunicato della Cgil e della Fiom – «Il ministro ha dichiarato che sarebbe Stellantis a non volere i sindacati al tavolo del governo: su questo punto interverremo verso l’azienda per ottenere una trattativa vera» – hanno provocato un mezzo finimondo.

Così nel pomeriggio Stellantis (Italia, naturalmente, che Parigi non si scomoda per così poco) ha dovuto – obtorto collo e stizzita con Urso – precisare: «Siamo pronti a proseguire, dopo la pausa estiva, un cammino, anche con le parti sociali e le organizzazioni di categoria, che si basa su un processo chiaro e su una visione condivisa sul percorso da seguire».
Di fatto comunque il tavolo di ieri ha sancito un’altra figuraccia per Urso. Facendo svanire la promessa di raggiungere entro ferragosto l’accordo con Stellantis per l’obiettivo di tornare a produrre un milione di auto l’anno in Italia. Tutto rimandato a settembre. Urso per primo.

I lavori dovrebbero ripartire il 30 agosto, con un altro incontro tra il governo e l’azienda. Si tratta «dell’ulteriore passaggio» di cui si sussurrava già lunedì in cui definire le richieste di incentivi da parte di Stellantis visto che l’Italia è l’ultima a proporre un patto del genere e sconta i già troppi modelli prodotti in Europa dal gruppo.

Dopo di che però la trattativa dovrebbe finalmente partire. Anche se il ritardo fatalmente rende impossibile l’uso dei fondi del Pnrr ventilato da Urso (ma già smentito implicitamente dalla mancata citazione del collega Fitto nelle modifiche annunciate in parlamento il 31 luglio).

Urso ha prospettato la possibilità di «un’intesa con il gruppo per avviare il percorso e giungere poi, per la fine dell’anno, a un accordo di sistema che guardi al 2030 e all’obbligo europeo di emissioni zero per auto e furgoni nuovi dal 2035», con lo stop ai motori diesel e benzina.

I segretari generali della Cgil Maurizio Landini e della Fiom Michele De Palma hanno definito «duro» il confronto con il governo e ribadito l’obiettivo di un accordo quadro: «Il punto, non più procrastinabile, è se c’è la trattativa vera tra sindacati, Stellantis e Mimit per il raggiungimento di un accordo quadro per il rilancio della produzione di auto in Italia e la garanzia occupazionale nella ricerca, sviluppo e produzione in ogni singolo impianto, oppure no. Questo era l’obiettivo su cui ci siamo mobilitati, manifestando a Poissy e poi con gli scioperi unitari dei metalmeccanici: un accordo quadro sul piano industriale, che garantisca l’occupazione attuale in tutti gli stabilimenti di produzione di componenti e assemblaggio, e nei centri di ricerca e sviluppo», attaccano Landini e De Palma.

Per il segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri «non è chiaro se l’obiettivo di produrre un milione di auto consideri anche i 300mila veicoli commerciali, ad oggi, già prodotti» mentre per il leader Uilm Rocco Palombella servono garanzie «imprescindibili» sulla salvaguardia dell’occupazione e dell’indotto. Il giudizio del percorso individuato dal governo è invece «positivo» per il segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia e per Giorgio Graziani della Cisl che pure hanno definito l’incontro «interlocutorio».