«Sorry Europa! Not in my name» è il titolo della petizione lanciata in Ungheria contro il veto che sbarra la strada all’approvazione del pacchetto di 1.800 miliardi che comprende anche i 750 del Recovery Fund. Il documento dà voce all’opposizione politica e sociale all’iniziativa che il governo Orbán ha preso di comune accordo con quello polacco, e in generale a quanti non si ritrovano nelle logiche del premier e della sua squadra. «Vista la gravità della situazione causata dalla politica distruttiva del governo ungherese riteniamo necessario precisare a tutti i paesi membri e alla leadership dell’Ue che Viktor Orbán e il suo governo non rappresentano tutta l’Ungheria» si legge nel testo che sottolinea quanto la scelta fatta dall’esecutivo di Budapest agisca contro gli interessi e le aspettative dei cittadini ungheresi e degli altri paesi membri.

Com’è noto, l’obiezione del premier danubiano e della sua controparte polacca (con l’aggiunta della Slovenia) è sul nesso erogazione dei fondi-rispetto dello Stato di diritto che Orbán e i suoi collaboratori e sostenitori respingono. A loro avviso non spetta all’Ue stabilire se in un paese membro venga rispettato lo Stato di diritto; gli unici a poterlo fare, sostiene il premier, sono i cittadini del paese interessato. Questa pretesa levata di scudi per tutelare il principio di sovranità nazionale e quello secondo il quale ogni popolo è padrone a casa propria è un’assurdità per chi non condivide in nulla la politica dell’attuale governo. Cosicché, alla conferma del veto ha fatto seguito un proliferare di commenti sui social da parte di ungheresi che hanno espresso amarezza, sovente addirittura vergogna, per lo spirito antieuropeo e non solidale dell’esecutivo.

«Noi ungheresi non abbiamo posto fine a un sistema monopartitico per dar vita a un sistema corrotto e antidemocratico capace di tenere prigioniere l’Europa e l’Ungheria» prosegue il documento che sottolinea l’importanza del sostegno comunitario per i cittadini e le aziende del paese. Un sostegno fondamentale, a maggior ragione in presenza di un virus che ha dato vita a una crisi sanitaria, sociale ed economica a livello globale. Il testo si appella alle istituzioni europee e ai governi degli stati membri perché trovino una soluzione con la quale impedire a Orbán di continuare a ostacolare gli strumenti concepiti dall’Ue per contrastare questa grave crisi, e chiede a tutti gli ungheresi di aderire all’iniziativa.

La dichiarazione porta le firme dei leader dei maggiori partiti dell’opposizione. Tra essi anche Jobbik che, nato come soggetto di estrema destra, sta cercando di ridefinire la sua identità politica tentando la carta del conservatorismo moderato. Con questa nuova veste partecipa non di rado alle iniziative di protesta prevalentemente liberali e del centro-sinistra in funzione anti-orbaniana.