La festa per i cinquant’anni è già cominciata qualche settimana fa, con una rassegna di film alla Cinématheque di Parigi, ieri Edouard Waintrop ha annunciato il programma di un’edizione che segna anche il passaggio di «consegne» tra la sua direzione artistica e quella di Paolo Moretti, delegato per la sezione prestigiosamente parallela dal prossimo 2019.

E se il sessantotto da cui è nata la Quinzaine des Realisateurs dialoga in modo quasi esplicito con la presenza di Marco Bellocchio tra i cortometraggi (in prima mondiale La lotta), la selezione sembra puntare, come sempre, a un insieme di registi e di opere che affermano più tendenze e diversi sguardi di cinema e sul mondo.

Il cinema italiano è presente, oltreché con Bellocchio, con due film, La strada dei Samouni, che è il nuovo film (infine!) di Stefano Savona, palermitano ma da molti anni a Parigi assecondando la sua indole di viaggiatore-esploratore (all’origine è un archeologo). La storia di una famiglia, i Samouni del titolo, che con l’attacco israeliano a Gaza nel 2009 – l’operazione «Piombo fuso» – ha perduto tutto, e ora deve ricostruire un presente (e un futuro) dalle macerie, fisiche ma soprattutto emotive.

Senza dimenticare, come la piccola Amal, gli alberi su cui coi fratelli giocava a arrampicarsi. E, come film di chiusura, Troppa grazia di Gianni Zanasi, sulla carta commedia del presente con un cast perfettamente sintonizzato col cinema italiano – Mastandrea, Rohrwacher, Battiston…
L’inaugurazione è affidata invece a Pajaros de Verano (Uccelli di Passaggio) di Ciro Guerra (il regista del molto premiato e nominato agli Oscar, la prima volta di un film colombiano con

L’abbraccio del serpente, visto sempre alla Quinzaine) e Cristina Gallego, un western nella Colombia degli anni Settanta parlato in lingua wayuunaiki, che segue le vicende di una famiglia di contadini coinvolta nel traffico di marjiuana.

Tra gli altri titoli Climax di Gaspar Noé, Leave No Trace di Debra Granik, Amin di Philippe Faucon.