Emmanuel Macron ha vinto largamente: che abbia convinto è meno certo. Le astensioni, circa il 25%, hanno toccato 1 elettore su 4, il livello più alto dal 1969, cioè in quasi mezzo secolo di storia della Quinta repubblica.

Il 12% dei cittadini che sono andati ai seggi ha depositato una scheda bianca o nulla, un livello doppio del record precedente, anch’esso stabilito nel 1969, nel ballottaggio tra un candidato centrista e uno gollista mentre la sinistra era rimasta fuori.

Malgrado abbia ottenuto il 66% dei voti validi, per Macron l’interrogativo è come potrà governare. Al contrario di quanto molti pensano, la Francia ha un sistema politico in cui il presidente non è il capo del governo e il primo ministro ha bisogno di una maggioranza alla Camera. Il partito personale di Macron, En Marche!, dovrà conquistare insieme agli alleati almeno 289 seggi sui 577 di cui è composta l’Assemblée Nationale. Non facile.

Il sistema elettorale a doppio turno in collegi uninominali creato dalla Costituzione del 1958 era pensato per l’alternanza tra due grandi blocchi, marginalizzando le forze politiche minori. Quest’anno, però, i grandi partiti tradizionali (gollisti e socialisti) non sono nemmeno arrivati al ballottaggio delle presidenziali e quindi, in giugno, ogni collegio vedrà almeno cinque candidati in lizza: i fedeli del nuovo presidente, i socialisti, i gollisti, il Front National e la sinistra di Mélenchon.

Molti elettori socialisti voteranno per i candidati di Macron, molti altri resteranno fedeli al loro deputato locale, che spesso rappresenta la circoscrizione da decenni. Gli altri tre candidati (gollisti, Front National e sinistra) partiranno a livello nazionale da un livello di consensi molto simile, attorno al 20%: è facile immaginare che nell’Est e nel Sud della Francia saranno favoriti i candidati del Front National, nell’Ovest e nelle grandi città quelli della sinistra. In moltissime situazioni ci saranno al secondo turno non due ma tre candidati, perché la legge consente a chi abbia ottenuto almeno il voto del 12,5% degli aventi diritto (il 15-17% dei voti validi) di essere presente.

Questo può significare che in metà dei collegi ci saranno dei duelli a tre, con il candidato di Macron a battersi per il seggio contro quello di Mélenchon e del Front National. Oppure il deputato socialista uscente che tenterà di difendere la poltrona dall’assalto del tradizionale nemico gollista, con il Front National a fare da terzo incomodo. Anche se gli elettori sono spesso sensibili alla necessità di dare al nuovo presidente la “sua” maggioranza per governare, le elezioni di giugno sono davvero aperte a tutti i risultati.

Salvo un risultato spettacolare per il suo movimento, Macron dovrà quindi mettere insieme un governo di coalizione con gli indeboliti socialisti, mentre la sinistra di Mélenchon rifiuta in blocco il programma neoliberista del nuovo capo dello stato, denunciato come “il banchiere” e “il nuovo monarca” prima ancora che tutte le schede fossero contate. Restano i gollisti, divisi tra un’ala dura e pura con in testa la rivincita nel 2022, e un’ala opportunista e collaborativa, verso cuna grande coalizione alla tedesca.

Ma in un paese in cui le divisioni politiche sono secolari, riuscirà ad affermarsi l’idea di Grosse Koalition? A Parigi le fratture corrono in profondità: Marine Le Pen ha raccolto appena il 22% dei voti tra gli anziani e non perché i pensionati possono aspettarsi qualcosa di buono da Macron. Piuttosto, chi è nato durante la seconda guerra mondiale e ha poi assistito alla guerra in Algeria sa perfettamente che il Front National è l’erede dei collaborazionisti che facevano le retate di ebrei per conto dei tedeschi, e dei terroristi dell’OAS contro l’indipendenza dell’Algeria.

Sono queste memorie storiche che hanno affossato la candidatura di Le Pen: il 43% di chi ha votato Macron lo ha fatto per sbarrare la strada al razzismo e alla xenofobia, solo il 16% perché convinto del suo programma.

Tutto questo non fa prevedere una presidenza energica e di successo: Macron sembra piuttosto un Renzi meno provinciale e meglio consigliato, ma con un consenso altrettanto debole e fragile. Per i francesi le delusioni potrebbero arrivare in breve tempo.