«Il digiuno era una cosa lenta: lungo come la fame, si dice. Era una porta sprangata. Una fortezza inespugnabile. Digiunare equivaleva a lasciarsi andare, scivolare nel vuoto, e dire no, no e ancora no…». Sono queste poche frasi a rivelare il cuore dell’ultimo romanzo di Emma Donoghue, Il prodigio (traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, pp. 301, euro 17,00) giocato interamente su una delle parole chiave della grammatica identitaria d’Irlanda, che spicca per una drammatica evocatività, al tempo stesso contingente e universale: hunger. A metà del diciannovesimo secolo gli irlandesi attraversarono un periodo noto nei libri di storia come The...