Il sorprendente assassinio di Ismail Haniyeh, capo ufficio politico dI Hamas, a Teheran, ha subito messo il neo presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, in una situazione di crisi poche ore dopo il suo giuramento.

È stata rivelata un’importante falla nei servizi di sicurezza della Repubblica Islamica gestiti dai potenti Guardiani della Rivoluzione, che ha sollevato la questione delle profonde infiltrazioni nelle organizzazioni dello stato. La dinamica dell’attentato non è ancora del tutto chiara. Un consulente della radio e televisione iraniana ha dichiarato: «L’assassinio è stato effettuato con droni e guidato via satellite». L’ipotesi è stata rafforzata dalla dichiarazione di Khalil al-Hiya, rappresentante di Hamas presente a Teheran, che ha affermato, secondo testimoni oculari che erano con Haniyeh, «un missile è entrato nella stanza». Tuttavia, ci sono forti dubbi su come un drone abbia potuto eludere i sistemi di difesa aerea iraniani in un complesso sensibile e strettamente sorvegliato.

IN UN ARTICOLO il New York Times riporta che, secondo cinque funzionari mediorientali interpellati dal giornale, l’attentato è stato invece compiuto con «una bomba che era stata nascosta circa due mesi fa nel palazzo». Secondo le fonti del Nyt, «l’accuratezza e la sofisticatezza dell’attacco sono tatticamente simili all’arma robotica di intelligenza artificiale telecomandata che Israele ha utilizzato per assassinare il principale scienziato nucleare iraniano, Mohsen Fakhrizadeh, nel 2020». Tuttavia, il racconto è stato smentito in un’intervista con Al-Arabieh da Khaled Qaddoumi, rappresentante di Hamas a Teheran, presente nel palazzo al momento dell’attentato.

L’assassinio di Haniyeh a Teheran e quello di Fuad Shukr a Beirut, uniti all’attacco aereo statunitense su una base nel distretto di Jurf al-Sakhar, a sud-ovest di Baghdad, che ha ucciso quattro membri delle Unità di Mobilitazione Popolare (Pmu), hanno inflitto un durissimo colpo all’”Asse della Resistenza” guidato dall’Iran. È quindi molto improbabile che rimanga senza risposta.
I funzionari statunitensi hanno negato di essere stati informati delle intenzioni israeliane in anticipo e hanno descritto l’attacco in Iraq come un’«azione difensiva», il cui obiettivo erano «combattenti che tentavano di lanciare droni che rappresentavano una minaccia per le forze degli Stati Uniti».

GLI OMICIDI mirati quasi simultanei in Iran, Iraq e Libano hanno scatenato accuse di collusione e collaborazione tra Israele e Stati uniti, e le reazioni accese di una miriade di gruppi arabi nella regione.
Il ministro dell’intelligence iraniano, Ismail Khatib, ha sottolineato: «Il vile attentato contro Haniyeh, è stato perpetrato dai sionisti oppressori con il via libera degli Stati uniti».

La Pmu ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che uccidendo Haniyeh Israele ha «smascherato i suoi piani di incendiare la regione», e che il bombardamento statunitense a Jurf Al-Sakhar «ci spinge ad adempiere alle nostre responsabilità» adottando misure tempestive «per espellere le forze straniere dal nostro paese».
In questo clima infuocato il neo presidente iraniano tenta di formare la lista definitiva dei ministri del suo governo da presentare al parlamento per l’approvazione. Finora, il presidente ha nominato ufficialmente tre vice ministri, tra cui spiccano vari nomi. a partire da quello di Mohammad Reza Aref come primo vicepresidente: Aref ha già ricoperto questo ruolo durante il governo moderato di Khatami. Inoltre, l’energico Javad Zarif – ex ministro degli Esteri e negoziatore dell’accordo nucleare del 2015 – è stato nominato vicepresidente per gli Affari strategici. Le due nomine intendevano realizzare le promesse fatte durante la campagna elettorale: creare consenso nazionale e regolare le relazioni estere basandosi su un equilibrio tra i centri di potere globali. L’obiettivo è alleviare la pressione delle sanzioni sull’economia iraniana e calmare l’atmosfera interna. Un compito che sembra impossibile, mentre tutte le istituzioni controllate dai conservatori e dai militari della Repubblica Islamica gridano alla vendetta. Il dilemma principale per ora rimane come affrontare la situazione e come rispondere al colpo senza provocare una guerra regionale.

I FUNZIONARI dell’amministrazione americana sono convinti che Teheran attaccherà Israele all’inizio di questa settimana, spingendo Hezbollah ad attaccare a sua volta una serie di obiettivi dentro il paese confinante.
Sicuramente Teheran sta prendendo in considerazione tutte le opzioni. Non è scontato che, per dare prova di un livello più efficace di coordinamento e cooperazione tra i membri dell’”Asse della Resistenza” non possa riservare delle sorprese.