Dopo una battaglia legale durata anni, la Camera ha reso pubblici, anche se redatti, sei anni di dichiarazioni dei redditi di Donald Trump. Che aveva cercato con ogni mezzo di bloccarne la pubblicazione, mentre i dem facevano pressioni nel senso opposto.
La mossa arriva dopo il voto favorevole di un comitato della Camera e di quello della Corte suprema, ma i documenti erano in possesso del Congresso già da alcuni mesi. La commissione aveva già rilasciato 2 rapporti riassuntivi nei quali si documentava che nel 2020 il tycoon ha denunciato perdite per 4,8 milioni di dollari, e pagato zero tasse sul reddito, nei primi 3 anni alla Casa bianca ha pagato 1,1 milioni di dollari in tasse, e nei primi due anni di presidenza l’Internal Revenue Service, Irs, non ha fatto le verifiche obbligatorie sulle finanze di Trump.
Nonostante tutte queste rivelazioni, la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi chiarisce un po’ l’intricata situazione finanziaria di Trump, e potrebbe dimostrare che ha ottenuto dei vantaggi personali dai tagli alle tasse approvati dalla sua amministrazione, di cui hanno beneficiato soprattutto le fasce di reddito più alte.

Di certo chiarisce che il modus operandi del tycoon, identificato dal New York Times nel 2020 sulla base di oltre 20 anni di dichiarazioni precedenti, sia continuato anche mentre Trump era presidente: evasione e trucchi fiscali, enormi perdite e uno stile di vita sostenuto più che altro dalla fortuna ereditata.
La scelta del Congresso è inusuale, ma qualcosa di simile era avvenuto nel 1973, quando l’Irs consegnò le dichiarazioni dei redditi di Nixon a una commissione del Congresso.
Per Trump non è finita qui: la Commissione congiunta sulla tassazione del Congresso, un organismo non identificabile con uno dei due partiti maggiori, ha sottolineato che anche alcune deduzioni e donazioni a favore dei figli di Trump meritano un’analisi più approfondita.