La protagonista indossa quasi sempre «una minigonna cortissima di panno scozzese, un intersecarsi di linee gialle, blu e rosse, abbinate a un paio di stivali neri che le arrivavano sotto il ginocchio, un giaccone militare e la borsa a tracolla di camoscio con le frange.. il suo aspetto era proprio da guerrigliera, da cinese, come si diceva allora, se non fosse stato per i capelli biondo cenere e lisci che le davano, almeno dal collo in su, un’aria da collegiale».

Edito da Parallelo45 edizioni (10 euro) «1968» di Dianella Bardelli passeggia per le vie, i bar, i portici di Bologna nei giorni della «contestazione globale», un viaggio nel tempo a ricordare per chi li ha vissuti, e a scoprire per chi magari non era ancora nato, che bell’aria tirava in quei giorni a lottare con gioia contro un sistema alla frutta che purtroppo ancora imperversa.

Marina, fuorisede, frequenta l’università e divide un appartamento con altri studenti. «L’appartamento non era grande però ci riuscivano a stare in cinque…i manifesti di Mao, i libri, le ceste per i maglioni e i pantaloni…le porte delle camere rimanevano sempre aperte, a meno che qualcuno non desiderasse un po’ di intimità».
Ogni tanto va a trovare la famiglia a Riccione, a rivedere il mare e «dove a casa o al ristorante c’è sempre un appuntamento con il pesce». Ha una mamma anche troppo premurosa, un fratello cui piacciono «donne con labbra dipinte di un rosso acceso, gli occhi truccati pesantemente, le scarpe con il tacco a spillo» e un padre che ha un negozio di stoffe. La famiglia la mantiene e lei per arrotondare – mangiare alla mensa universitaria e pagare l’affitto – legge libri incidendoli su nastro per l’Associazione ciechi.

Un giorno da una finestra vede un uomo picchiare una donna, e invece di farsi da brava borghese i fatti suoi, decide di indagare. Segue per alcuni giorni la donna, scopre che l’uomo che la picchia è il figlio, e dopo varie peripezie riesce a parlare con la poveretta offrendole il suo aiuto. E allora le toccherà fare conti non facili con la propria coscienza, e alla fine scavare, scavare in profondità…. e il racconto vira verso il giallo.

Sullo sfondo restano le manifestazioni, le assemblee, la sua difficoltà a parlare con gli operai ai cancelli delle fabbriche…«loro fanno un discorso puramente economico, noi invece vogliamo cambiare le strutture, la società…», le discussioni nei bar, i vestiti usati comprati al mercato in piazza 8 Settembre, le «ragazze con il cappotto color cammello da brave signorine di provincia», le Nazionali senza filtro, «Carla l’operaia della Ducati che si era presa una cotta per Antonio, il coordinatore di zona del comitato studenti operai. Lui se ne era approfittato per scopare con lei (come con tutte quelle che ci stavano)».

Con sensibilità tutta sessantottina Dianella Bardelli non dimentica l’importanza che in quell’anno ebbero i vestiti, e non è avara nel fotografarli: «…addosso aveva due bei maglioni pesanti, sotto quello grigio chiaro, sopra quello grigio scuro, fumo di Londra, a V e aperto davanti, molto lungo come piaceva a lei e con le tasche. Un gomito era bucato e nei polsi era molto slabbrato, vissuto. Le piaceva portare molti maglioni addosso, che appartenessero o fossero appartenuti ai suoi compagni». Per non parlare dell’ immancabile eskimo verde un po’ stinto con il cappuccio. La rivolta nel vestire rispecchiava all’ epoca l’aspetto esteriore di un mutata consapevolezza, e l’anno dopo Donovan cantava: «…I love my shirt…I love my jeans…».
Dianella Bardelli – per molti anni insegnante di Lettere – guida corsi di scrittura creativa. Ha pubblicato 4 romanzi, «Vicini ma da lontano» (2009), «I pesci altruisti rinascono bambini» (2010), «Il Bardo psichedelico di Neal» (2011) splendido omaggio a Neal Cassady, alias Dean Moriarty nell’ «On the road » di Kerouac, e «Verso Katmandu alla ricerca della felicità» (2014).