In seguito a un’Ordinanza provvisoria della Corte Suprema da lunedì primo aprile Israele cesserà di sovvenzionare gli studenti delle accademie rabbiniche di età compresa tra i 18 e i 26 anni eleggibili per la leva. Si tratta di una decisione drammatica che sconvolge lo status quo e, soprattutto, che mette a rischio il governo minacciando di farlo cadere.

E forse è proprio questo il «movente» che ha convinto i giudici a procedere nonostante la richiesta esplicita del primo ministro Netanyahu di astenersi dalla sentenza per un mese. Il provvedimento infatti aumenterebbe le probabilità che gli israeliani tornino alle urne entro la fine del 2024.

COSÌ, PER IL MOMENTO, è decaduta l’esenzione dal servizio militare di cui i giovani ultraortodossi hanno goduto in basi a leggi che si sono susseguite per decenni. L’ultima era stata approvata dal parlamento nel 2015 dopo l’annullamento della cosiddetta Legge Tal che garantiva anche essa l’esenzione di fatto. Mentre il governo israeliano prende tempo, ordinando alla polizia di non prendere provvedimenti effettivi contro chi non risponde all’invito contenuto nella cartolina, l’esercito dal canto suo si prepara ad accogliere le nuove leve apprestando programmi speciali per gli ultraortodossi.

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Secondo le stime le forze armate israeliane necessiterebbe infatti di circa 7mila soldati aggiuntivi, di cui la metà combattenti, solo per rimpiazzare i morti e i feriti nella guerra in corso, motivo per cui sono tutti benvenuti. Nel frattempo tuttavia i partiti ultraortodossi gridano allo scandalo comprendendo di essere caduti vittime della trappola tesa al primo ministro e già nella giornata di lunedì sono cominciate le prime manifestazioni di gruppi estremisti che per due ore hanno bloccato il traffico con violenza al grido di «moriremo piuttosto che arruolarci».

Tuttavia la situazione è più complessa di come appare. Tanto per cominciare, secondo i sondaggi, un ultraortodosso su cinque sarebbe favorevole all’abolizione dell’esenzione dalla leva obbligatoria e, dopo il 7 ottobre, i consensi sono saliti dal 10 al 22%. Se infatti la società ultraortodossa tradizionale continua a vedere nello studio della Tora’ il valore supremo nonché il contributo alla garanzia dell’incolumità dell’intero popolo ebraico, molti cambiamenti sono in atto.

Innanzitutto si stima che gli uomini che studiano effettivamente nelle scuole talmudiche siano solo una bassa percentuale mentre gli altri lavorerebbero o passerebbero il tempo a bighellonare. Inoltre il trauma del 7 ottobre ha evidenziato drammaticamente l’eccezione degli ultraortodossi nella società ebraica insieme alla necessità che anche loro si facciano carica dell’onere in modo concreto. A conferma di ciò basta osservare le innumerevoli iniziative di volontariato portate avanti in questi mesi da parte degli ultraortodossi di entrambi i sessi, segno della volontà di sentirsi parte della collettività allargata al punto da far temere ai rabbini più conservatori un allontanamento dalle tradizioni.

UN MOVIMENTO verso posizioni più sioniste si registra in generale nella società ultraortodossa moderna già da diverso tempo e, mentre di occupazione militare e di palestinesi si parla pochissimo, sono sempre di più quelli che festeggiano apertamente il Giorno dell’Indipendenza. Non stupisce dunque che ieri pomeriggio Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra, abbia chiesto di stabilire una data per le elezioni a settembre «per ristabilire la fiducia dei cittadini e garantire la prosecuzione dei combattimenti». E al nord non si tornerà a scuola nemmeno il prossimo anno, a quanto pare.