«Una donna che aveva un uomo e poi un altro e dopo voleva indietro il primo. Non uno solo, però, la doppietta, per così dire, riprendere il primo e tenere il secondo. A lungo termine, e in simultanea. Una donna, due uomini, tutti insieme in una casa». Siamo in Inghilterra, la donna si chiama Maude ed è sposata da trentasette anni con Charles, al quale inaspettatamente propone un ménage-à-trois: lei, lui e Silas, l’amico di lui dai tempi dell’infanzia, con il quale aveva avuto una relazione prima del matrimonio. All’offerta della moglie, il sessantaduenne Charles reagisce avvertendo la fine di un tempo che si era immaginato senza fine. Di fronte alla propria mortalità, all’esperienza della caducità di tutte le cose umane, si getta in un’impresa temeraria: traversa a nuoto il Canale della Manica. Nuota per quasi 24 ore,  e allo stremo delle forze capisce come nella proposta inaspettata della moglie si nasconda il tentativo di venire a capo del trauma da cui era nato il loro matrimonio.

Questa la vicenda di La traversata (traduzione di Cristina Vezzaro, Voland, pp. 192, €, 17,00) scritto da Ulrike Draesner, una delle voci più stimolanti della letteratura tedesca contemporanea, che suggerisce di leggere, nel suo romanzo, la riscrittura di una delle opere più celebri di Hemingway, The Old Man and the Sea; «ma senza barca e senza pesce». Al posto di un uomo che affronta il mare per riaffermare il suo coraggio e il suo orgoglio maschile, Draesner mette una donna che induce il marito a confrontarsi con quell’elemento femminile che è l’acqua «senza involucri protettivi», solo con il proprio corpo, in uno dei tratti di mare più trafficati del mondo, attraversato da rifiuti e da rottami, da maree e da correnti imprevedibili. Ogni anno decine e decine di persone rischiano la vita in quest’impresa, nel tentativo di «trovarsi o perdersi o dimostrare qualcosa a qualcuno».

Il protagonista del romanzo cerca lo sforzo fisico per vincere le resistenze che gli hanno impedito di accettare quanto da tempo sapeva e non aveva voluto riconoscere: la sua traversata è dunque un persorso analitico, durante il quale lotta contro le correnti e le maree, contro la fatica del suo corpo e i rifiuti che rischiano di investirlo; intanto vengono a galla ricordi a lungo rimossi, che pian piano rivelano una storia intricata di amori, di promiscuità e di tradimenti tra due sorelle e due «quasi» fratelli, dove anche il padre di uno di loro è implicato.

Il romanzo di Draesner vibra di una intensità psicologica coinvolgente, soprattutto quando descrive l’estenuazione del corpo e della coscienza del protagonista, scossa e resa permeabile alle forze della natura; ma proprio in questi momenti in cui si perde negli elementi che lo avvolgono, il protagonista sembra sentirsi più presente a sé stesso. E sarà questa presenza spossessata a rivelarsi, alla fin fine, come il movente che lo ha spinto alla sua impresa. Nella traversata cerca una «consolazione fisiologica», tornando «là dove era indubbiamente sé stesso: muscoli, battito cardiaco e massa grassa».

Linguaggio e corpo, per Draesner, si implicano a vicenda: nel linguaggio sta quel che possiamo dire del nostro corpo, il quale però non si riduce alle parole di cui disponiano per descriverlo, configurandosi piuttosto come il medium attraverso il quale è possibile forzare i limiti di ciò che è dicibile. Lungi dal sottoscrivere la wittgensteiniana sentenza per cui i confini del linguaggio segnano i confini del nostro mondo, Draesner sembra affermare, anche con questo suo romanzo, come con il nostro corpo, con i nostri sensi, sia possibile fare un’esperienza del mondo infinitamente più complessa e differenziata della lingua che abbiamo creato per esprimerla: «il corpo fuoriesce continuamente dallo spazio linguistico», ha scritto. E la poesia è per lei quell’uso particolare del linguaggio capace di trascenderne i limiti, e articolare linguisticamente ciò per cui non abbiamo ancora parole, portandoci in quei luoghi della nostra esistenza in cui non siamo più congruenti con noi stessi. A questa esperienza è esposto continuamente il progonista del romanzo, che non riesce a portare a termine la sua traversata, e tuttavia trova conforto in una natura di fronte alla quale ogni vicenda umana perde peso e rilevanza: premiata nel 2020, non  a caso, con il Deutscher Preis für Nature Writing, Draesner concede l’ultima parola all’imprevedibilità della natura, facendo sfumare il suo romanzo in un canto estasiato degli elementi, che trascinano via il protagonista, lasciando spazio al suo futuro.