Si chiama gamification, ma non c’è niente di ludico. È uno degli strumenti di propaganda dell’esercito israeliano. Si tratta di mettere in scena lo scontro, mai come in questi giorni terragno e legato alla materiale quotidianità dei palestinesi di Gerusalemme, utilizzando l’immaginario astrale e ormai egemone dei videogiochi. Queste guerre stellari a colpi di razzi e contraerea producono il loro corrispettivo nel dibattito politico italiano, effetto che va in scena alla manifestazione in difesa di Israele al Portico d’Ottavia. Indetta dalla comunità ebraica, l’iniziativa è diventata occasione per scatenare la contraerea della propaganda attorno al conflitto.

Il corridoio lastricato di sanpietrini alle spalle della Sinagoga è pieno. Alla spicciolata arrivano i parlamentari e le delegazioni dei partiti. Numerosa quella di Italia Viva, ben rappresentata anche Forza Italia con Maurizio Gasparri e Antonio Tajani scortato da giovani incravattati che si fanno largo tra la folla applaudendo. Emanuele Fiano del Partito democratico arriva prima di Enrico Letta. Ci saranno anche quelli di Fratelli d’Italia e arriveranno anche esponenti del Movimento 5 Stelle, con la sindaca Virginia Raggi che si ferma a discutere con i rappresentanti della Comunità ebraica.

Si parte con le sirene. E si ricorda ai convenuti, sempre a proposito di gamification, che è possibile scaricare sui telefonini l’applicazione che suona l’allarme ogni volta che segnala i razzi che vengono lanciati sul territorio di Israele. «Ieri questa sirena ha suonato 1070 volte». Il primo politico chiamato a parlare è Matteo Salvini, che ha capito le regole del gioco. Utilizza il palco per inveire contro le «seconde e terze generazioni», i figli dei migranti accusati di essere portatori d’odio sulla base di suoi personali ed estemporanei sondaggi sui profili delle persone che lo insultano via social network.

I giovani sventolano i cartelloni del Progetto Dreyfus, che si occupa di monitorare la copertura mediatica dei fatti di Israele. I rapporti di Amnesty e quello di Human Rights Watch parlano di apartheid e in piazza si attaccano le Ong come Save The Children, considerata colpevole di trattare i figli degli israeliani come «bambini di serie b». Ruth Dureghello, presidentessa della Comunità ebraica romana, assicura che è loro intenzione difendere anche i diritti dei palestinesi presi in ostaggio dagli integralisti di Hamas qualcuno dal pubblico si fa sfuggire segni di disapprovazione.

Il segretario del Pd Enrico Letta annuncia di aver parlato con l’ambasciatrice di Palestina in Italia, Abeer Odeh, prima di arrivare alla manifestazione. «Esprimiamo solidarietà alle vittime – dice – Bisogna unirsi nel lutto e chiedere il cessate il fuoco immediato. La pace è possibile». Il messaggio del grillino Andrea Cioffi è forse ancora più ermetico: «È importante ora stare tutti uniti per far sì che la popolazione e le persone siano in condizioni di sicurezza e possano vivere in pace. In questo momento le parole politiche devono essere limitate. Bisogna agire e fare».

Mancano gli esponenti di Leu e quelli di Sinistra italiana. Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista, polemizza con il Pd: «Finge di essere equidistante ma è incapace di condannare Netanyahu e la destra israeliana e solidale con aggressori – afferma – La posizione del Pd fin dalla fondazione è in netta rottura con la storia della sinistra italiana che nelle sue componenti socialista e comunista, da Craxi a Berlinguer, è stata sempre solidale con il popolo palestinese».