Per commentare l’intesa siglata ieri alcuni hanno scomodato addirittura la Marcia dei Quarantamila del 1980, ma certo il contesto è molto diverso: sia dal punto di vista sindacale, che rispetto al ruolo che la Fca (già Fiat) gioca nel nostro Paese. Sempre forte simbolicamente, ma non più centrale come 35 anni fa. L’accordo tra tute blu e impiegati della Fim Cisl con l’AQCF (Associazione quadri e professional) non è però da prendere sottogamba perché scompagina il quadro delle relazioni industriali (oggi piuttosto faticose su tanti fronti) e marcia nella direzione di quel “sindacato unico” più volte evocato non solo da Sergio Marchionne ma anche dal premier Matteo Renzi.

Basta modello «antagonista», spiega la stessa Fim, sì alla «partecipazione economica» e alla «unità contrattuale», anche trasversale (coinvolgendo cioè gli apparati manageriali). Un modo per mettere in soffitta il “modello Fiom”? Sicuramente la Fim Cisl, già piuttosto forte nella Fca dopo l’ultimo contratto separato, adesso si rafforza ancora di più. Con il segretario Marco Bentivogli, che al momento, con più di un jolly, gioca partite parallele su tavoli diversi. E che molti danno, sempre più spesso, in lizza per la poltrona di numero uno Cisl, al posto di Annamaria Furlan: non alla naturale scadenza (nel 2018), ma addirittura per una sostituzione in corsa.

L’accordo siglato ieri permette ai delegati delle due sigle sindacali di poter condividere d’ora in poi alcuni servizi, le convenzioni, e la formazione: un modo per creare quel “punto di vista comune”, prima di tutto sull’azienda, ma poi su un piano più generale.

Vince lo sguardo made in Usa, tanto caro a Marchionne, come dice lo stesso Bentivogli, che in una nota spiega di aver «imparato la lezione americana»: «UAW nella vicenda Chrysler, con un tasso di sindacalizzazione più basso ha potuto giocare un ruolo più incisivo, nella prima fase; lo stesso vale per l’esperienza tedesca e nord-europea. Troppe sigle e troppe federazioni agevolano il corporativismo e l’autoreferenzialità. Sette sindacati in Fiat Fca sono un elemento di indebolimento utile solo a moltiplicare agibilità e incarichi. Dove si pratica la partecipazione ci sono 1 o al massimo 2 sindacati».

«La Fim – spiegano gli stessi metalmeccanici Cisl – è prima nel gruppo Fiat e CNH Industrial come numero di iscritti (23,1%). Seguono Uilm (22,2%), Fismic (17,8%), AQCF (17,8%), Fiom (15,3%) e UGLM (3,9%)». La somma dei due nuovi alleati sfonderebbe insomma quota 40%.

Se la partita del sindacato unico non è andata in porto con le altre sigle – tentativi sono stati fatti con la Uilm, ma anche con il Fismic di Roberto Di Maulo – la scelta di legarsi ai quadri potrebbe rivelarsi ancora più innovativa, e per questo premiare la Fim: visto soprattutto che Fca non è più dentro Federmeccanica, segue dinamiche contrattuali tutte proprie, e quindi un asse privilegiato con Marchionne non è da sottovalutare.

L’altra partita – in questo caso unitaria con Fiom e Uilm – è quella con Federmeccanica per il rinnovo del contratto nazionale.

Se la Fiom decide di non commentare (abbiamo interpellato il responsabile Auto), è la Uilm a bocciare l’intesa tra la Fim e l’AQCF, spiegando che non ha alcun senso sindacale riunire insieme gli interessi di tute blu e impiegati con quelli dei quadri.

«Qualche anno fa l’idea del sindacato unico l’aveva lanciata lo stesso Marchionne, e poi Di Maulo e Bentivogli l’avevano ripresa – spiega al manifesto Rocco Palombella, segretario generale Uilm – Io l’ho sempre rifiutata: noi siamo per il modello plurale».

«Con Fim e Uilm possiamo pure litigare – prosegue il leader dei metalmeccanici Uil – ma abbiamo storia e obiettivi comuni. Prendiamo ad esempio la genesi di un sindacato come il Fismic: è un caso unico, è stata accompagnata dalla Fiat. E gli stessi quadri sono organizzati per esclusiva volontà aziendale: hanno una visione corporativa, mentre noi puntiamo a tutelare la generalità dei lavoratori».

Palombella spera adesso che il quadro compatto che si era creato sul contratto Fca «non si rompa: ma è chiaro che non si può vedere l’epilogo di questa nuova strana alleanza». Quanto alla Fiom, «io continuo a invitare Maurizio (Landini, ndr) a entrare nell’unico contratto esistente, il nostro, e a lavorare con noi per migliorarlo. Solo prendendosi le sue responsabilità, la Fiom potrà incidere: non basta restare fuori per esorcizzare».