I 34 capi di accusa del caso New York vs Trump sono stati resi pubblici, elencati in tredici pagine di un documento ufficiale. Riguardano la falsificazione di documenti di bilancio, cosa che, per le leggi dello stato di New York, costituisce un reato, anche se minore: il massimo della pena prevista per ciascuno di essi è di 4 anni, senza pena detentiva minima obbligatoria.

LA GRAVITÀ, però, scrive la procura di Manhattan, sta nel fatto che questi reati non erano fini a se stessi, ma seguivano uno schema, e facevano parte di una «cospirazione per minare l’integrità delle elezioni del 2016»: un’accusa inaspettata che rafforza un caso che molti esperti legali avevano definito rischioso e inusuale. I pubblici ministeri hanno descritto la tattica impiegata da Trump in alcuni dei casi che lo hanno portato all’incriminazione come «schema cattura e uccidi», il cui fine era quello di «soffocare le storie negative e agevolare la candidatura alla presidenza». Due scandali citati fra i capi di imputazione erano stati infatti “comprati” dal National Enquirer, giornale vicino all’ex presidente, con lo scopo di non pubblicarli mai.

Già nei giorni scorsi gli avvocati di Trump avevano indicato di voler fare archiviare le accuse prima ancora di arrivare a un processo, e all’uscita dal tribunale, martedì, lo hanno ribadito. Una mossa generalmente difficile da portare a segno in un caso penale, a meno che le questioni legali non siano talmente chiare da consentire a un giudice di archiviare il caso, ma in questo caso non sembra plausibile proprio per la natura insolita delle accuse contro Trump.

L’EX PRESIDENTE potrebbe affermare, ad esempio, di essere vittima di un procedimento penale «selettivo», prevenuto nei suoi confronti, ma è probabile che un argomento di questo tipo non regga, a meno che i suoi avvocati non riescano ad identificare un precedente in cui qualcun altro si sia trovato in una posizione simile, e che non sia stato incriminato penalmente dall’ufficio del procuratore distrettuale. Prospettiva che al momento sembra improbabile.

È ancora troppo presto per prevedere quale sarà la strategia della difesa ma, durante la conferenza stampa, i pubblici ministeri si sono mostrati convinti di essere in grado di contrastare qualsiasi mozione preliminare presentata da Trump, e probabilmente esorteranno il giudice a lasciare che siano la giuria e il tribunale a decidere dopo avere ascoltato tutte le prove

LA PROSSIMA UDIENZA in aula è fissata per il 4 dicembre, e l’inizio del processo al 2024, in coincidenza con il momento clou della campagna elettorale per le primarie repubblicane che partiranno a febbraio 2024.
Uno degli avvocati di Donald Trump, Blanche Todd, fuori dal tribunale ha descritto lo stato d’animo del tycoon come «frustrato e deluso». Non è quella l’impressione che ha dato di sé l’ex presidente quando, circa sette ore dopo aver lasciato il tribunale di Manhattan, tornato a Mar-a-Lago ha tenuto il suo discorso. Trasmesso integralmente in diretta solo da Fox news, mentre la Cnn ne ha trasmesso una parte e Msnbc lo ha oscurato del tutto. Nella mezzora scarsa in cui Trump doveva dare la sua versione della vicenda, ha per lo più parlato di tutt’altro: di Biden che scatenerà la terza guerra mondiale, della «perfetta» telefonata con Zelensky, delle email di Hillary Clinton, e solo tangenzialmente ha fatto menzione delle accuse a suo carico

IL GIUDICE che aveva presieduto l’udienza preliminare di martedì gli aveva chiesto di moderare i toni e di astenersi dal fomentare violenze attraverso i suoi post sui social media, visti gli attacchi lanciati da Trump al procuratore Alvin Bragg. Lo stesso Bragg si era detto «molto preoccupato» per l’effetto che i post «minacciosi» di Trump potrebbero avere su giurati e testimoni, e ha chiesto un provvedimento arginarli.

Per tutta risposta durante il suo discorso il tycoon ha attaccato non solo Bragg ma anche sua moglie e tutta la sua famiglia e si è scagliato contro i responsabili delle altre indagini su di lui. Con speciale acrimonia nei confronti di quella della Georgia per il tentativo di manipolare i risultati delle elezioni del 2020, e quella sui documenti trafugati dalla Casa bianca. Ha chiesto di togliere i fondi pubblici all’Fbi e definito gli archivi nazionali (colpevoli di reclamare i documenti rubati) la «sinistra radicale».