«Un investimento intelligente nella sicurezza americana che pagherà dividendi per generazioni»: così Joe Biden ha definito la richiesta al Congresso di 106 miliardi di dollari in aiuti per le crisi mondiali in corso, e anche nel linguaggio del solenne discorso dallo Studio ovale, la guerra mondiale a rate è trattata come un affare.

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Nel dettaglio, la Casa Bianca ha chiesto 61,4 miliardi per l’Ucraina: più di metà andranno a contractor della difesa – prevedibilmente americani – per armi e munizioni da destinare direttamente al fronte oppure a ripristinare gli arsenali domestici svuotati dall’assistenza a Kiev. Il resto è assistenza economica, intelligence e logistica militare, sicurezza nucleare. Altri 14,3 miliardi sono stati chiesti per Israele, e questi sono tutti contratti bellici, in sostanza armi e munizioni per i sistemi difensivi israeliani Iron Dome, David’s Sling e Iron Beam, oltre a munizioni teleguidate e proiettili di artiglieria. Un pacchetto di 7,4 miliardi è destinato a Taiwan e all’Indo-Pacifico, il fronte di attrito più diretto con la Cina, che però non è (ancora) in fiamme.

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Il fondo include aiuti militari a Taiwan, ma una fetta di oltre 3 miliardi è destinata alla costruzione di sottomarini americani. Due miliardi sono poi indirizzati a aiuti militari esteri, dizione generica che potrebbe comprendere solo Taiwan o anche altri paesi dell’area. Non direttamente bellici i 9,15 miliardi di aiuti umanitari per Ucraina e Medio oriente (senza specificare a chi andrà cosa) e 13,6 miliardi per la sicurezza dei confini americani.