La notizia aveva iniziato a circolare con sempre maggiore consistenza dopo l’annuncio della nuova infezione di covid contratta dal presidente: Joe Biden si stava convincendo a lasciare la corsa per le presidenziali 2024. Forse già durante il fine settimana. Probabilmente domenica. E domenica è stata: con un post pubblicato su X il presidente Joe Biden ha annunciato che non cercherà la rielezione e che parlerà alla nazione più dettagliatamente questa settimana.

«È stato il più grande onore della mia vita servire come vostro presidente – ha scritto Biden – E anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nel migliore interesse del mio partito e del Paese che io mi dimetta e mi concentri esclusivamente sull’adempimento dei miei doveri di presidente per il resto del mio mandato».

In un’altra, ben separata, dichiarazione Biden ha poi formalmente suggerito che a prendere il suo posto nella corsa elettorale sia Kamala Harris. «La mia prima decisione come candidato del partito nel 2020 è stata quella di scegliere Kamala Harris come vicepresidente – ha scritto Biden – Ed è stata la migliore decisione che abbia preso. Oggi voglio offrire il mio pieno appoggio e sostegno a Kamala come candidata del nostro partito quest’anno. Democratici, è ora di unirsi e battere Trump».

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Il ritiro di Biden è la conclusione di una carriera politica durata mezzo secolo, che ha visto Biden entrare come uno dei parlamentari più giovani nella storia degli Stati Uniti – aveva 29 anni quando venne eletto senatore per la prima volta nel ’72, battendo un repubblicano che aveva già due mandati e il doppio della sua età – e uscirne come il presidente più anziano.

Da mesi le preoccupazioni del partito e della base riguardo all’età e alla fragilità del presidente 81enne continuavano a salire alla superficie, ma sono diventate massicce (e a tratti velenose) dopo il disastroso dibattito di giugno con Donald Trump.

Le spinte verso un passo indietro, a favore di un altro candidato, si erano fatte sempre più frequenti e determinate, anche dall’establishment stesso dei Democratici, quell’establishment che Joe Biden aveva interamente controllato dall’interno fino a quel momento. Senatori, deputati, donors di rilievo, figure di spicco del partito come la ex speaker della Camera Nancy Pelosi hanno chiesto a Biden di ritirarsi, prima privatamente e poi via via sempre più pubblicamente. Le soffiate alla stampa sono diventate sempre più frequenti, cosa inusuale per un partito solitamente blindato con le sue dichiarazioni. E il conflitto invisibile ogni giorno più aspro.

«Joe ha fatto la cosa giusta appoggiando Kamala Harris dopo aver abbandonato la corsa – ha dichiarato alla Cnn il co-presidente della campagna Cedric Richmond – L’ha scelta come sua compagna di corsa. Ha avuto la possibilità di vedere quanto è intelligente, tenace e brava. Joe Biden, nella storia della sua carriera, ha sempre messo il Paese al primo posto, e questo ne è un altro esempio».

Cosa accadrà da ora in poi è tutto da vedere: questa è la prima volta che un presidente lascia la corsa per la rielezione a meno di quattro mesi dal giorno del voto. L’esempio più vicino è quello del democratico Lyndon Johnson che nel 1969 si ritirò dalla corsa il 31 marzo. Anche in quel caso il democratico restò in carica come presidente, ma, a differenza di Biden, che ha vinto le primarie democratiche praticamente incontrastato, Johnson al momento del ritiro dalla corsa aveva ancora diversi sfidanti per la nomination, e Bob Kennedy divenne il candidato democratico. Dopo il suo assassino, il 4 giugno, a Kennedy subentrò il vice presidente di Johnson, Hubert Humphrey, che a novembre perse catastroficamente contro Richard Nixon.