Dopo l’«osare» di Stellantis arriva il «Tim fuori dalla scatola». I titoli dei piani industriali declinati in inglese fanno molto figo ma si traducono in fregature per gli oltre 100 mila lavoratori delle due società con più addetti rimaste in Italia.
Il consiglio di amministrazione di Tim ha dato il via libera all’unanimità con il voto di Vivendi e Cdp al piano del nuovo ad Pietro Labriola che per la riorganizzazione dell’ex Telecom ha coniato il nome «Tim out of the box». Così viene internamente chiamato il progetto di divisione in una NetCo – la società che conterrà la rete – e ServCo – la società che erogherà i servizi – a cui si dovrebbe arrivare entro l’estate confermando la volontà di scorporo della rete nazionale di comunicazione. Labriola ha spiegato il tutto continuando con l’inglese: «Immaginiamo di arrivare prima della semestrale a fare un Tim Market Day per presentare al mercato i numeri». L’ad di Tim ha ribadito che la separazione di rete e servizi «ha senso dal punto di vista del business e strategico, spezzare l’integrazione verticale consente un allentamento vincoli normativi che le hanno frenate finora in Italia». In tutto è «un processo che può durare 12-18 mesi». Entro giugno, prima della chiusura della semestrale, si tornerà quindi a «verificare» il percorso che porta a NetCo e ServCo.
Sulla rete comunque Labriola ha lasciato intendere che si va verso una fusione con Open Fiber, la società controllata da Cassa depositi e prestiti (che in Tim ha il 10%). «Cdp potrebbe essere il partner più interessante: dopo di che sta a loro fare le analisi del caso per vedere quali sono le efficienze e i numeri», ha commentato Labriola.
Sulla spinosa questione dell’offerta del fondo americano Kkr (0,505 euro per azione) per l’acquisto dell’intera Tim arrivato quando il predecessore di Labriola – Gubitosi – cercò di salvare la sua traballante poltrona, il nuovo ad ha spiegato che il suo piano può creare più valore rispetto a quello messo in campo da Kkr nella sua manifestazione di interesse. «La nostra legittima sfida – sostiene Labriola – è “andiamo a vedere noi come facciamo a estrarre del valore” anche nella stessa modalità che loro immaginavano». Inoltre Labriola sottolinea come la proposta del fondo Usa fatta con «numerose condizioni» contiene una «serie di elementi di incertezza che rendono tale proposta poco comparabile con altre su mercato».
Ma la prudenza di Tim e del suo ad Pietro Labriola non piacciono alla Borsa che schiaccia il titolo sui minimi (0,29 euro, -14 %).
Molto critici i sindacati che il 23 febbraio hanno scioperato proprio contro lo scorporo ufficializzato ieri. «Finisce definitivamente la storia dell’ex monopolista per come l’abbiamo conosciuta. Il disegno dell’ad profila una storia già vista in questo paese: si privatizzano gli utili e si socializzano le perdite. Alla fine di questo capolavoro si metteranno le mani in tasca ai lavoratori e ai cittadini per garantire un ritorno di profitto a Vivendi (i francesi sono ancora i primi azionisti, ndr). Tutto questo lo sta avallando il “governo dei migliori” e i suoi consiglieri corifei del liberismo a spese della collettività. Il mondo del lavoro si batterà con tutte le sue forze affinché questo scempio non passi impunito», commentano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom.