Solo nove anni fa The Social Network di Fincher interrogava Facebook attraverso il suo creatore Mark Zuckerberg – le sue scelte, la sua spregiudicatezza. Oggi la piattaforma social da 2 miliardi e mezzo di utenti è al centro di riflessioni di ben altro genere, sulla difficile tenuta della democrazia nell’epoca dei big data, la necessità di arginare l’ingerenza delle aziende della Silicon Valley nella nostra privacy, la possibilità di usare i dati come armi non convenzionali: come spiega Brittany Kaiser, i dati sono diventati la risorsa più preziosa al mondo, sorpassando anche il valore del petrolio.

KAISER, ex dipendente di Cambridge Analytica, è una dei protagonisti di The Great Hack di Jehane Noujaim e Karim Amer, il documentario da poco disponibile su Netflix che indaga proprio la vicenda dell’azienda – o meglio la «macchina da propaganda» come la chiama un altro ex dipendente – che ha prestato i suoi servizi alla campagna di Trump e a quella pro leave nel referendum sulla Brexit. E lo ha fatto usando i dati ottenuti da Facebook per bombardare gli elettori con narrative create su misura per loro, con lo scopo di pilotarne il voto. Un processo complesso e allo stesso tempo semplicissimo, basato sull’infinito potenziale affabulatorio e divisivo di quella rete nata con il sogno di unirci.

CAMBRIDGE Analytica oggi ha dovuto chiudere, mentre Facebook è stata multata cinque miliardi proprio per aver fornito alla «macchina da propaganda» i dati di decine di migliaia di utenti – «a mia insaputa» sostiene Zuckerberg davanti al Congresso statunitense quando esplode lo scandalo della privacy violata. E proprio Kaiser, ex campaigner per Obama passata al «lato oscuro» e poi di nuovo «redenta», contribuisce alla caduta di Cambridge Analytica testimoniando sulle sue attività illegali davanti al parlamento inglese.

The Great Hack segue il percorso tortuoso che la porta a diventare – proprio lei che in una delle prime conferenze di Leave.eu aveva decantato le meraviglie dei big data usati a scopi elettorali – una whistleblower fondamentale per fare un po’ di chiarezza sull’accaduto. E per comprendere che la caduta di CA non è che un traguardo risibile nel «mondo nuovo» in cui miliardi di dati sensibili sono in mano a potenti entità private come Facebook. Il documentario ha il merito di illustrare con maggior chiarezza possibile uno dei principali pericoli del nostro tempo, ma resta inerte di fronte a un personaggio contraddittorio – Kaiser – che si serve della camera dei registi con scaltrezza, dettando le regole del gioco.