La grande letteratura sui lager è stata scritta da sopravvissuti come Primo Levi, Elie Wiesel, Imre Kertész, adeguandosi a contenuti che sfiorano i limiti del dicibile. Tra loro, anche politici non ebrei, come David Rousset, Jorge Semprun e Tadeusz Borowski, figlio di polacchi deportati nei gulag, che trascorse ventisei mesi nei campi di Auschwitz, Dautmergen e Dachau. Stimato poeta prima del suo arresto, appena tornato in libertà volle testimoniare con racconti e poesie quella tragica «formazione» che lo aveva condotto sulla soglia della morte, riducendolo allo stadio di «musulmano». L’opera di Tadeusz Borowski occupa da tempo una posizione di rilievo...